"Se davvero hai voglia di starmi ad ascoltare, stanotte ti racconterò la storia della mia vita."
In un fruscio di foglie la vecchia quercia si rivolse alla più piccola delle sue ghiande, che con l'esile picciolo si teneva al più alto dei suoi rami.
"Non so se mi resterà il tempo per dirti tutto delle 527 estati che ricordo di aver vissuto. Sento la mia linfa colare via dalle ferite che quei minuscoli uomini hanno aperto oggi con i loro infernali arnesi ringhianti, e li ho sentiti darsi appuntamento all'alba per - terminare il lavoro - dicevano.
Ho appena un vago ricordo di quando, minuscola ghianda, dondolavo insieme alle mie sorelle cullata dal vento, tra le grandi braccia di nostra madre.E poi il volo, quando qualcosa mi disse di lasciarmi andare, e il tuffo sulla soffice erba.
Vennero delle contadine il giorno dopo, ridevano raccogliendoci da terra ad una ad una, scherzavano tra loro parlando di maiali che ci avrebbero trovate deliziose.
Io immaginavo questi signori maiali che ci avrebbero adorate e onorate e non stavo nella pelle dalla voglia di conoscerli, ma non era destino.
Nel sacco dove ero finita c'era un minuscolo buco e le mie sorelle, nell'emozione del momento, mi spinsero fuori proprio mentre passavamo in questa radura.
Finii su del soffice terreno e le piogge torrenziali dei giorni successivi mi spinsero giù, fino a che intorno a me non ci fu che morbido e caldo terreno a cullarmi, e mi addormentai.......
Una smania improvvisa mi sveglio' dal mio torpore, sentivo il bisogno di allungarmi, di uscire dal mio guscio. Usando tutta la mia forza di volontà riuscii ad allungare una radichetta nel terreno sempre più giù e, facendo leva su di essa, spinsi, spinsi, sbucai dal terreno.
Ero un germoglio verde, fragilissimo, la vita brulicava intorno a me, il cielo splendeva d'azzurro.
Mi sforzavo di crescere ogni giorno, due piccole foglie adornavano la mia testa e mi distinguevano dai fili d'erba che mi circondavano.
Presto potei guardare i fili d'erba dall'alto.
La grande madre quercia non si vedeva più, ma tante altre sorelle, alcune poco più grandi di me, mi circondavano.
Insieme siamo cresciute, ci siamo fatte forza nelle notti di tempesta e abbiamo gioito delle piogge primaverili, poi uomini sono venuti con le asce, con le seghe e hanno portato via le mie sorelle.
In quel periodo ogni anno un grande uccello dal lungo becco e lunghe zampe tornava al nido che aveva costruito tra i miei rami.
Ho sentito dire ai piccoli uomini che porta male distruggere un nido di cicogna e ho capito che dovevo la vita alla mia amica alata.
Intanto diventavo sempre più alta.
Avevo anche conosciuto i signori maiali e, ci crederesti?, non erano poi quei gran signori.
Grufolavano tra le mie radici alla ricerca delle ghiande cadute e si facevano condurre dalla minaccia della canna agitata da una contadinella scalza.
Se puoi stai sempre lontana da loro ed evita anche quei piccoli animaletti dalla soffice coda che saltano da un ramo all'altro e gli uccelletti dall'ala azzurra. Fanno incetta di piccole ghiande come te, le nascondono nei buchi o sotto il muschio e quando poi le ghiande si sentono al sicuro e stanno già pensando di germogliare loro tornano e col potente becco spaccano il guscio e inghiottono la tenera polpa.
Ho anche visto cuccioli umani che si divertono a togliere i cappelletti dalle ghiande per infilarli sulle dita e so per certo che gli uomini, se non hanno altro cibo, non disdegnano neanche loro di riempirsi la pancia dei miei frutti, insieme ai maiali.
Ma sto divagando, sono le forze che vengono meno.
Volevi conoscere la mia vita........dunque, erano passate trecento primavere e intorno a me non c'era più un bosco, il sentiero era diventato un viottolo, poi una strada.
Vedevo passare signori a cavallo, contadini con le carrette, carrozze eleganti.
Di tanto in tanto qualcuno si fermava alla mia ombra.
Più di una coppietta ha inciso sul mio tronco uno stupido cuore e delle iniziali, ho visto quelle coppietta litigare e lasciarsi, fare pace, avere figli e invecchiare e morire e intanto il cuore inciso saliva in alto col mio tronco che cresceva.
Una volta tra le mie foglie ho nascosto un uomo che fuggiva da altri uomini che lo stavano inseguendo, ho finto indifferenza mentre passavano, le mie foglie frusciavano al ritmo di sempre per non far sentire che trattenevo il fiato insieme al fuggitivo, e lui si è salvato e ha capito che ero stata io a salvarlo perché prima di fuggire via mi ha abbracciato e baciata.
Ho visto uomini coi vestiti e le scarpe a brandelli è una sacca sulle spalle che alla mia ombra hanno trovato ristoro dal sole cocente e hanno potuto dormire e sognare con sulle labbra un lieve sorriso.
Poi ho visto sempre meno cavalli e carrozze e sempre più carrozze senza cavalli.
Ma il sole è spuntato, sono tornati gli uomini che con i loro arnesi strazieranno le mie carni, non ho tempo di raccontarti altro piccola mia......"
Uno stridio graffiante e metallico e poi un tonfo enorme che fa vibrare il terreno intorno.
La piccola ghianda si aggrappa con più forza al suo ramo.
Ancora l'urlo della macchina assassina e il suo ramo è staccato dal tronco e gettato in un mucchio, poi un uomo in tuta blu afferra i rami e li butta su un rimorchio che sta per partire.
La piccola ghianda non vuole allontanarsi dalla sua radura, rotola via, finisce in un buco del terreno e si addormenta.
Tra cinquecento anni racconterà a una piccola ghianda che vorrà ascoltarla come sia riuscita a sopravvivere e crescere e vivere mille avventure germogliando ai margini di una grande strada.