Devo ammetterlo, se qualcuno mi fa del male gli auguro di riceverne altrettanto, ma poiché non sono un tipo vendicativo, mi metto in disparte e aspetto che siano altri a fare giustizia. Sono convinta che se uno si è comportato da stronzo con me, lo farà anche in altre circostanze e, prima o poi, incontrerà qualcuno capace di ripagarlo con la stessa moneta.
Bisogna armarsi di pazienza, tuttavia mai mi sarei aspettata una vendetta di tale portata. La vicenda che mi stava raccontando la mia ex suocera era sconvolgente. Giuliana era una signora della Milano bene, sposata con Enrico che aveva conosciuto ai tempi dell’università. Erano convolati a nozze appena scoprirono che era in arrivo un bambino: Filippo. Un matrimonio riparatore, ma d'amore, da cui nacque anche Eleonora. I due figli crebbero nell'agio frequentando scuole esclusive e girando il mondo. Una famiglia da invidiare, finché Eleonora non morì. Aveva diciotto anni.
Un sabato sera uscì per andare a ballare e non fece più ritorno. L'amica del cuore era al volante, forse aveva bevuto un drink di troppo e forse il sonno era sopraggiunto, ma fu quell'auto, guidata da un extracomunitario senza patente, a tagliar loro la strada e spezzare una vita umana. Morì sul colpo, i carabinieri diedero la notizia ai genitori con il consueto imbarazzo e un vuoto incolmabile calò sulla loro esistenza.
Giuliana cadde in una profonda depressione, il marito mise una maschera sul volto e Filippo fece lo stesso. Programmò il suo cervello per non pensare al dolore che aveva dentro e, come se nulla l’avesse turbato, si laureò a pieni voti l’anno successivo. Cercò di essere fonte di gioia per quei genitori che erano diventati i fantasmi di loro stessi. Conseguì il brevetto di pilota, vinse borse di studio per lavorare all'estero e a ventotto anni era a capo di una società internazionale di logistica.
Lo conobbi tramite amici e me ne innamorai subito. Era bello, affascinante e mentre mi parlava pareva che i suoi occhi entrassero dentro di me. Mi feci corteggiare molto poco e appena ci fu l'occasione finimmo a letto insieme e mi convinsi che era l'uomo della mia vita. Non parlava mai della sorella scomparsa, era schivo sull’argomento e tale riserbo mi impediva di fare domande. La vicenda lo aveva segnato e teneva le persone a una certa distanza per non affezionarsi. Anche l'amore per me era piuttosto tiepido, privo di slanci, ma era gentile, serio e mi copriva di attenzioni. Pensavo che fosse freddo di carattere e non psicologicamente disturbato. Quando mi chiese di sposarlo, uscì prima il mio sì che la sua domanda. Andammo a vivere in una villa enorme e, a ventisei anni, mi sentivo già una regina: amavo mio marito, volevo bene ai miei suoceri, vivevo nel lusso e presto sarei diventata mamma. Filippo desiderava una figlia che voleva chiamare come la sorella. Mi sembrò una richiesta un po’ macabra, ma prevedibile, e pensai che sarebbe stato un discorso da riaffrontare in seguito. Di figli non ne arrivarono nei tempi sperati e, in occasione del primo anniversario, partimmo per una bella vacanza lungo le coste della Sicilia su uno yacht privato con personale di bordo a nostra disposizione. Visitammo luoghi incantevoli e ci innamorammo dei sapori e colori di quella terra. Filippo mi diceva che mi amava e non vedeva l'ora che arrivasse nostra figlia. Io mi domandavo cosa sarebbe accaduto se il primogenito fosse stato maschio.
Il mio sogno d’amore si infranse una sera di fine luglio.
La cena era pronta e stavo sistemando i fiori in salotto. Filippo rientrò a casa più tardi del solito e sudato. Mi diede un bacio e mi disse che aveva bisogno di fare una doccia. Con un sorriso malizioso, ne convenni anche io. Si spogliò e andò in bagno. Raccolsi i suoi calzoni caduti a terra per lavarli e svuotai le tasche. Trovai un biglietto piegato e pensai: "Stai a vedere che è il biglietto di un'amante".
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