Le forze che legano in prospetti universale sono il Dio, il Demone, l’Essere animato, la Natura, la Sorte e Fortuna, infine il fato.
IX-X
E’ la mia ascesi.
Decisi di lasciare tutti i miei averi e di darli a chi ne aveva più bisogno perché c’era ancora gente che soffriva nel mio paese.
Dopo una notte insonne decisi di uscire dalle mura della città e di inoltrarmi nel deserto ; lasciai mia
sorella mentre eseguiva il pianto rituale che una sorella dona ad un fratello morto. Ma non ero io quel fratello.
Partii che era già mattino inoltrato, vestito solo di una tonaca grezza col cappuccio ed una bisaccia di pecora per l’acqua ; non sapevo dove andare naturalmente. Così presi a vagare mentre i miei sandaletti si consumavano sui ciottoli aguzzi ed i miei occhi lacrimavano per il pulviscolo sollevato. Ma subito iniziai a sentirmi stanco già prima del tramonto.
Con gli occhi incrostati vidi una fenditura lungo la costa rocciosa alla mia destra : credetti fosse una vagina. Le sterpe arricciate , i lembi rocciosi laterali, la gola profonda.
Entrai nella spelonca buia e mi denudai per stendermi sulla tonaca, come facevano i poveri dentro casa.
Cercai di addentrarmi nel buio per misurarne la profondità; nel farlo mi guidai facendo scorrere le dita sulla parete che era umida e viscida, come muffa.
Per non rischiare di perdermi, mi girai e tornai indietro per stendermi sulla tonaca, mentre il mio stomaco veniva azzannato dalla fame.
Richiamai alla mente gli insegnamenti dei miei precettori : quando un uomo ha fame mangi i suoi peccati. Così bevvi un sorso d’acqua dalla bisaccia e asciugai le lacrime passandomi una mano
sulla bocca.
Non seppi come, ma iniziai a sentire il mio corpo : i polpastrelli pulsare, il respiro approfondirsi più del pozzo della Qumans, gli occhi uscire dal mio scheletro, il mio pene resistere alla ruvidezza della tonaca.
Il Diavolo, avevo visto il Diavolo.
Era appoggiato all’ingresso ed i suoi zoccoli avevano frantumato tutte le pietre del deserto.
Non c’erano più pietre in quel deserto sotto cui ripararsi dal sole che ora stava bruciando sotto la mia
pelle e stava gonfiando la mia lingua. Io, in me stesso, tra il cuore ed i polmoni, cercai Dio.
ال خم يس mi rispose Lui.
Ed io non capii e non volli capire. Sentivo gli animali spaventati ed i miei amici piangere sulla terra ad un miglio di distanza.
Lui, il Diavolo, sorrise nel buio. Le sue labbra friggevano come carne. Mi misi a piangere e persi tutta quell’acqua che avevo ingerito poco prima e così mi prosciugai. Il Diavolo mi offrì un calice di vino, ma man mano che si avvicinava esso diventava un broccale, poi una conca, poi un barile ed infine una vasca.
Io spaventato dal mio riflesso trovai Dio in una pietra sopravvissuta lì accanto; la strinsi forte nella mano, ma non si ruppe, così la lanciai dentro la vasca di vino.
Mi svegliai.
Era ancora notte (dello stesso giorno?) ed ero assetato. Così mi rivestii ed uscii fuori dalla piccola grotta per cercare acqua, perché da quella notte ebbi paura del vino e del buio.