Mio nonno paterno, Giovanni, del quale porto il nome, era un agricoltore benestante. La nonna Maria, la moglie, aveva sfornato ben dieci figli, molti dei quali, in seguito, si sono laureati. Nonostante il gravoso impegno motivato da quella famiglia numerosa, il nonno, nel giorno di sabato, ospitava nella sua casa e intorno al suo tavolo, poveri e mendicanti, rifocillandoli di un pasto caldo e di un buon bicchiere di vino rosso.
Era un uomo buono e generoso, come i tanti di un tempo, e assolutamente imparziale e irreprensibile in fatto di doveri e di principi. Lui voleva e pretendeva le cose giuste e, da buon conservatore quale era, arricciava il naso di fronte ad ogni modernizzazione meccanica e progressista, che avvertiva dissonante e incompatibile con la sua realtà e antitetica alle ragioni del suo lavoro.
Non era certo un uomo di sinistra, al contrario! Ciò che definiva la sua coscienza, era in relazione dei suoi valori morali, di un impianto etico connaturato e di uno spirito di carità cristiana caratteriale.
Mio padre ereditò dal nonno Giovanni gli stessi valori, la stessa passione per la terra e per la natura, e un grande senso di giustizia e solidarietà, ad eccezione della fede che, riteneva un ingombrante esercizio di falsificazione della realtà.
Oggi, seduti intorno a quel "tavolo", preso a metafora di un passato luminoso, un tempo inondato di sobrietà, di solidarietà e di fratellanza, non ci sono più mendicanti e diseredati, ma un sistema di puttane d’alto bordo, papponi, corruttori, ladri e maitresse.