- Stiamo per chiudere.
Il richiamo, poco più di un sussurro, era stato preceduto da un lieve colpetto di tosse, con il quale l’uomo dietro il bancone aveva attirato l’attenzione dell’unico cliente nel negozio. Questi sobbalzò, come se fosse stato sorpreso da un colpo di cannone, ma rimase in silenzio.
Era entrato mezz’ora prima dell’orario di chiusura, dopo aver fatto diverse volte su e giù lungo il tratto di strada, dove l’anonima porticina vetrata di alluminio dorato dava accesso alla “bottega della sintassi”; ogni volta aveva lanciato un’occhiata furtiva all’interno, cercando goffamente di non farsi notare, alla ricerca di un momento in cui la pur rara clientela fosse assente del tutto.
Il proprietario l’aveva notato ben prima che si decidesse, ed aveva capito al volo con chi aveva a che fare: ormai riconosceva al volo quel tipo di clienti.
Quell’uomo non faceva eccezione: impacciato, di mezz’età, vestito con una certa leggerezza, ma non sciatto, a suo modo elegante. Entrando, gli aveva rivolto un cenno cortese ed un germoglio di sorriso, che non era sbocciato, e si era messo subito ad osservare gli scaffali degli aggettivi e degli avverbi, con l’aria di chi abbia un’idea precisa di cosa gli serve, ed intenda cercarlo per conto suo.
L’aveva lascito fare: dopo anni, aveva capito come trattarli, quei tipi li.
Per prima cosa, bisognava rispettare i loro tempi; poi però, quasi sempre, ci voleva un aiuto, qualcosa che li costringesse a rompere il guscio. A fare la domanda che avevano incastrata in gola.
- Se vuole dirmi di cosa ha bisogno, sono sicuro di poterla aiutare.
Lui sobbalzò di nuovo: - Io… stavo solo… - iniziò, interrompendosi subito.
Il negoziante gli rivolse un sorriso sincero: - mi dia retta, se chiede a me sarà più facile: faccio questo mestiere da tanti anni.
Il labbro inferiore del cliente iniziò a tremare. L’altro gli si avvicinò, continuando a parlare con voce suadente, mentre lo fissava negli occhi, come un incantatore di serpenti: - Mi lasci indovinare. Sono i congiuntivi, forse? O le costruzioni impersonali? Oppure – sibilò, stringendo le palpebre e riducendo la voce ad un sinistro bisbiglio – i periodi ipotetici?
Incapace di sostenere lo sguardo del negoziante, ormai a pochi palmi dal suo viso, l’altro chinò il capo e mormorò, ai limiti dell’udibilità: - niente di tutto questo. Non ho problemi di forma o di grammatica.
Nonostante le cose stessero andando come aveva previsto, il vecchio venditore sentì il cuore palpitare nel petto; si sforzò di controllare la propria emozione e di mantenere inalterato il tono della voce.
- Allora, cosa la porta nella mia bottega?
- Io… ho sentito delle voci, in giro. Voci su articoli… speciali, che lei riserva soltanto ad una clientela selezionata.
- Le voci sono spesso inaffidabili.
- Non in questo caso – rispose l’altro, parlando in fretta. Poi sembrò abbandonare d’un tratto il suo atteggiamento irresoluto:– Ad ogni modo – riprese, alzando lo sguardo e la voce – quello che mi serve non è un articolo che si possa trovare in un negozio qualunque.
- La “bottega della sintassi” offre solo il meglio, signore.
- Mi ha capito, non è vero?
Il vecchio rimase immobile per qualche istante, poi all’improvviso si allontanò da lui, raggiungendo la porta. Aveva una buffa andatura irregolare, che dava alla sua camminata un aspetto goffo e sincopato, come quella di un papero.
- L’ora di chiusura è passata – annunciò mentre armeggiava con la saracinesca, che si abbassò con un clangore stridulo e lamentoso, fermandosi a metà. Poi rimase lì, in attesa eloquente. Il cliente continuava a guardarlo, senza decidersi ad uscire.
– Devo chiudere – disse ancora il negoziante; poi, con un sospiro rassegnato, lasciò andare la saracinesca che finì di precipitare rumorosamente su sé stessa.
– Potrei avere qualche articolo speciale da mostrarle, di là.
Il retrobottega assomigliava ad un cunicolo di miniera, scavato nella roccia viva; dalle parete irregolari e grossolane grondavano grosse gocce di condensa, aumentato l’illusione di trovarsi nelle viscere della terra, invece che a pochi isolati dalla piazza principale della città.
Una fioca luce arancione, dal vetro sporco e annerito, gettava ombre indistinte sulle facce spigolose del muro, creando illusioni di chiaroscuri fra le quale si annidava un impressionante numero di scatole di tutte le dimensioni.
Erano molto diverse dalle confezioni ufficiali approvate dall’ Accademia Letteraria, eleganti e regolari, esposte ordinatamente nella parte anteriore del negozio: quelle, che si potevano trovare nelle decine di botteghe letterarie, erano piccoli rettangoli in plastica scura, avvolti in uno strato fine di cellophane. Asettiche, impersonali, dall’aspetto austero e un po’ triste, prive di qualunque variazione sul tema; venivano contraddistinte solo da un piccolo simbolo grigio pallido, che ne indicava il settore: aggettivi, verbi irregolari, consecutio temporum… I meccanismi di base, pura e semplice grammatica, al massimo qualche raro elemento di sintassi: niente che andasse oltre le esigenze espressive del cittadino comune, al quale non erano necessarie formule più complesse o ricercate di quelle proprie del linguaggio tecnico e commerciale.
In quell’antro, invece, il cliente aveva davanti agli occhi un campionario variegato e insolito: le scatole, diversissime l’una dall’altra per forma e dimensioni, portavano impresse a caratteri vividi l’indicazione del contenuto.
Gettate qua e là, apparentemente alla rinfusa, giacevano nell’angusto ambiente un’accozzaglia di cornici narrative, figure retoriche e metafore. C’erano grosse ceste di lemmi desueti, pile di ossimori, mucchi disordinati di arcaismi e subordinate; lunghe circonlocuzioni penzolavano dal soffitto, come elaborate collane.
Il venditore si fece largo a fatica in quella confusione, arrancando verso un punto dove il cunicolo si allargava di qualche metro, concedendo lo spazio per due sedie ed un rozzo tavolino. Liberò le sedute da un cumulo di colpi di scena, ammucchiandoli con noncuranza sul pavimento, e si sedette, invitando il suo avventore a fare lo stesso.
- Allora. Vuole finalmente raccontarmi il suo problema?
[N.d.R.: domani l'epilogo! ]