L’Uomo Senza Volto, così lo chiamavano. Questo nome si era poggiato lievemente sulle bocche di tutti gli abitanti di quell’anonimo paese in modo tanto naturale che, ormai, nessuno avrebbe più saputo ricordare un nome diverso con il quale rivolgerglisi. Quel nome fu come un odore, un nuovo odore che penetra le narici lasciando un iniziale senso di sorpresa, disgusto o piacere e poi, pur persistendo ancora nell’aria, assuefà il naso tanto che questi non è in grado di percepirlo più come estraneo.
E così quel nome pareva a tutti e a lui stesso, come se gli fosse stato attribuito, al momento del suo primo vagito di lacrime blu, direttamente dalla madre, intenta a scrutarlo nel tentativo di ravvisare, nel suo piccolo volto indefinito, qualcosa che le ricordasse sé o il marito.
Lui non si era mai opposto all’essere chiamato a quel modo anzi, sentiva che quel nome gli calzava meglio di qualsiasi altro tant’è che lui stesso smise, un giorno, di ricordarsi di quello vero poiché tale aspetto di sé non lo interessava oramai più.
A onor del vero vi è da dire che, tanto tempo prima, l’Uomo Senza Volto si era svegliato col pensiero fisso di voler ricordare quell’antico nome che pareva svanito dalla sua memoria e da quella di tutti coloro che sembravano conoscerlo. Aveva provato a girare per il paese con una strana vitalità e una certa insistenza nel chiederlo ai suoi compaesani che abitavano quelle strade e quei porticati ma essi non si spiegavano quella stravaganza da parte di chi, a loro memoria, si era chiamato sempre l’Uomo Senza Volto.
Stremato e frustrato da quell’inutile ricerca si rivolse allora all’anagrafe del paese. Il piccolo uomo seduto al di là della scrivania, che lo riconobbe come l’Uomo Senza Volto, lo guardò con gli occhi a mezz’asta e, stancamente, gli disse che tale informazione non era più reperibile a causa dell’incendio che aveva lambito le viscere dell’anagrafe cancellando la traccia dell’esistenza di migliaia di vite. Tra queste anche la sua.
Uscendo dall’anagrafe sentì rivoli bagnati solcargli le guance di blu e offuscargli la vista nel mentre percorreva mestamente il tragitto che lo riportava sempre casa. Varcata la soglia della sua abitazione le lacrime finirono, non ve ne erano più. Si accorse che aveva pianto per la seconda volta nella sua vita e pensò, con una certa sicurezza, che non sarebbe mai più accaduto.
La cosa curiosa dell’Uomo Senza Volto era che, in realtà, egli non presentava alcuna deformità, assenza di connotati o lineamenti caratterizzati da particolare bruttezza. Semplicemente, nessuno, dopo averlo guardato negli occhi, era in grado di riferire, se questi fossero chiari o scuri, grandi o piccoli. Tale incapacità non era solo generata dall’indefinibilità degli occhi ma dal volto tutto. Aveva un naso pronunciato? Aveva la barba? Aveva forse la fronte alta? I capelli erano lisci o mossi? Nessuno lo sapeva o poteva dirlo.
A volte l’Uomo Senza Volto camminava per le strade ciottolate del piccolo paese e le persone si accorgevano di lui solo quando lo urtavano per caso lungo le piccole strettoie che dividevano i bassi caseggiati. In tali occasioni capitava anche che la sua presenza fosse annunciata solo dall’aria che scorreva tra le vecchie mura in modo innaturale, quel modo che segna il passaggio di un altro essere vivente che, con il corpo, si oppone al naturale fluire del vento.