La Stanza era buia. C'era solo una piccola finestra a sbarre. Piccoli spiragli di luce entravano, ma non erano sufficienti per vivere, per sperare.
Non ricordava come fosse arrivata lì. Non sapeva nemmeno quante ore fossero passate; o se le ore fossero diventate già giorni.
Ogni tanto la porta blindata si apriva, e qualcuno dall'esterno faceva passare del cibo e qualche bevanda.
La Stanza era piena di telecamere, tutti i suoi movimenti erano ripresi e visti da qualcuno là fuori. Ma perché? Non aveva mai fatto del male a qualcuno.
La Stanza iniziava a puzzare di quelle che erano le sue feci. Di quella che era la sua paura.
Il suo corpo era pieno di lividi, i suoi occhi tumefatti. I capelli erano diventati un groviglio di massa informe. Era stata picchiata? Le era stato fatto qualcosa di peggiore? Non ricordava.
I minuti, le ore, o forse i giorni passavano lenti. Non aveva idea del perché, del come, del quando, e soprattutto del Chi.
All'improvviso la porta si aprì, e la persona all'esterno lasciò passare qualche rivista. Lei si ritrovò a ridere. Una risata amara. Pensò che forse si stava ritrovando in una versione grottesca e per nulla divertente di un hotel a cinque stelle.
Cominciò a riflettere. Cercò di mettersi in piedi per misurare la stanza, e all'improvviso le parole le uscirono di bocca. Chiunque fosse dall'altra parte sorrise, e si fece attento, come un bambino alle prese con un nuovo gioco.
"Ho sempre sognato di avere un momento di solitudine." Iniziò lei. "Sai, la mia vita non me lo permette mai. Tutto il giorno in redazione. Scrivi un articolo, scrivine un altro. Correggilo, aspetta l'approvazione. Parla con i tuoi colleghi, sii gentile. Non sia mai che tu gli faccia una sgarbatezza." Si fermò, bevve un sorso d'acqua, e riprese. "Finisci di lavorare. Aperitivo con qualcuno, perché ogni giorno dev'esserci un aperitivo o una cena. La mia capa dice sempre che per avere una carriera perfetta, bisogna curare innanzitutto la vita sociale. È sempre lì, pronta a scrutarti dalla testa ai piedi con i suoi occhi torvi. Stupida stronza.
Torni a casa. A volte sola, a volte in compagnia di qualche sconosciuto, di cui già sai che il giorno dopo ne perderai le tracce.
Vacanze in posti fantastici, dove magari incontri qualcuno di Super da poter intervistare, così quella stronza è contenta.
Una volta a settimana chiami i tuoi genitori. Una volta l'anno vai a trovarli. Strano come le due persone che ti hanno dedicato più di metà della loro vita amandoti più di loro stessi, siano diventati quasi degli estranei nella tua vita frenetica di articoli, cene e personaggi di alto livello.
Cerchi sempre la compagnia di gente importante. Dimentichi cosa significhi un momento di pace. Le settimane passano, si trasformano in mesi e convinci te stessa di essere felice così. Ma è questo ciò che volevo?" Si guardò intorno come se avesse dimenticato dove si trovasse. Si sedette a terra, fece un sospiro e riprese. "Adesso che ci penso, direi di no. Ho sempre sognato di lavorare come giornalista. È un lavoro che fa parte della mia identità. Allo stesso tempo però, sognavo anche qualcuno con cui condividere i miei successi. Una casa piena di bambini schiamazzanti. Chissà cosa si prova a guardare un piccolo esserino che ti sorride e ti chiama mamma. Le feste di compleanno, le giornate al mare, i pranzi con i parenti. Qualcuno che ti chieda come sia andata la tua giornata, perché ne è veramente interessato. Una cena pronta per due, magari con qualche candela. Un bagno caldo, qualcuno che ti massaggi la schiena. Il bacio del buongiorno, della buonanotte. Qualche messaggio pieno di dolcezza nel trambusto della giornata. Ho curato la mia vita sociale con grande gioia della mia capa, ma quella privata e affettiva dov'è?"
All'improvviso si rivolse ad una delle telecamere. "Perché sono qui? Non ricaverai nulla da me."
Lacrime amare iniziarono a rigarle il viso. Si accasciò sul pavimento della Stanza e continuò a piangere fino a quando non si addormentò.
Erano le prime luci dell'alba quando si svegliò. Si guardò intorno confusa. Era al caldo nel suo letto. Sapeva che qualcosa era accaduto, ma non ricordava cosa. Nella sua testa l'immagine di una Stanza buia. Il suo mondo vorticava, ma non ricordava perché. Si rigirò nel letto, e riprese a dormire.