Mastro Piccolo era uno di quegli uomini che poteva essere scambiato per una persona cupa, silenziosa, a tratti misteriosa. Quando giungeva in paese per svolgere la sua attività di spazzacamino, gli altri quasi restavano a distanza, le poche parole , "dove?", "ecco fatto", "arrivederci", facevano pensare a qualcuno che con la civile civiltà non volesse nulla a che fare.
Forse era così o forse, tendeva a difendersi dal passato.
L'alba era freschissima quel mattino e si mise in auto con in dosso un cappotto lungo di lana e le mani tagliuzzate dal freddo.
Decise di fermarsi al primo autogrill.
Ordinò un caffè.
Si guardò attorno, fra i mille colori dolciastri, come si fa di solito quando si è smarriti fra i rumori della vista. Il sole picchiava anche sotto la pensilina che dà sui parcheggi e se la parte inferiore del corpo era esposta al calore minimo di quel giorno, il resto del corpo era all'ombra , ma decise di spostarsi più in la verso i bagni. Spenta la sigaretta decise di entrarvi. Il puzzo era quello tipico dei cessi super frequentati. L'odore si mischiava alla fragranza da due soldi del sapone liquido presente a tratti negli appositi contenitori. Fuori dalla porta d'ingresso (o d'entrata a seconda dei tempi) se ne stava appollaiato su di un lato, un presunto pulitore di residui altrui.
Mastro Piccolo lo guardò senza sospetto e anticipò il gesto della mancia lasciando qualche moneta sul vassoio di plastica che pareva un sottovaso.
L'uomo asserì con riverenza.
Mastro Piccolo guardò in fondo, verso gli urinatoi, non vi scorse nessuno e si diresse pronto a espletare la sua normale esigenza fisiologica.
D'un tratto notò le pareti, le piastrelle imbrattate, si passava dal cercatore di sensazioni rigide a persone sole e nude, le compagnie telefoniche pareva avessero trovato nuovi espositori pubblicitari.
Continuò a urinare e fece finta di nulla, per un istante riprese a osservare quasi stupito e con quel pizzico di malizia che stringe la mente. Anche le più estranee. Con un gesto repentino e lo sguardo furbo tirò fuori dalla tasca interna del cappotto una biro e aprese la mano, segnó quel numero e la ripose in tasca, quasi rischiasse di urlare ciò che aveva fatto.
Entrò in macchina senza essersi lavato le mani, calò le sicure e poggiando la mano pulita sul volante mise in moto.
Lo sguardo fisso, i pensieri contrastanti e un principio d'ansia. Silenzio rumoroso nell'abitacolo. Tutto tornò normale dopo solo cinque chilometri.
Mastro Piccolo era stato sempre un uomo schietto, sincero, quasi puro, soprattutto verso il suo Io e quel mattino, fresco d'autogrill, sapeva d'aver fatto un gesto a lui sconosciuto, ma questo gli bastó per sentirsi diverso, almeno per un attimo . Non amava la trasgressione evidente, preferiva quella silenziosamente appagante, quella che gli altri denigravano perché nuda e spoglia di compiacimento latente. Prosegui' lungo la strada e notò il cartello che indicava i chilometri mancanti al prossimo autogrill. Quando fu nei pressi e le linee bianche si dilatarono, virò come al volante d'un timone, scese in fretta dall'auto e si fiondò nei bagni. Stesse immagini, stesso muro d'arte, stesse piastrelle numericamente abbellite. Si bloccò sulle gambe rigide, non ci pensò troppo e raccolse le maniche del cappotto fino ai gomiti, sollevò la manovella del rubinetto e fece correre l'acqua. Strofinò così' forte da arrossare tutta le dita e il palmo divenne una chiazza rossa di sangue pompante. Era pulito, ripulito dallo sgarro al vivere che aveva imparato. Sorrise soddisfatto, come dopo un orgasmo.
Scosse le mani col tipico gesto degli uomini che non han voglia di asciugarle. Quando uscì allo scoperto il sole era sparito, l'auto era solitaria nel parcheggio e le mani asciutte. Pure la coscienza di Mastro Piccolo si era lavata.
Mise in moto nuovamente, senza serrare gli sportelli, parti' e la strada, ritta come una memoria, lo portò a destinazione.