Il passo cade lento, tra gli alberi nella bruma ascolto il silenzio del mio cuore. Ho deciso di partire per un lungo viaggio oggi che il mio amore mi ha lasciato. Senza parole, senza idea, lascio alle spalle i miei ricordi e con lo zaino in spalla m’incammino verso l’ignoto. Sta per piovere e con lo sguardo verso il cielo cerco un uccello che mi faccia compagnia. D’un tratto sento un dolore al petto, mi siedo per prendere respiro, prendo la bottiglia d’acqua nello zaino e faccio un sorso. E' in quel momento che lo vedo: un bambino.
Mi guarda, mi guarda stupito, lo guardo anch'io.
Si avvicina e senza dire una parola mi prende la mano, un brivido mi attraversa.
Gli chiedo se vuole bere, se ha fame; non dice una parola, mi stringe più forte la mano e con il suo sguardo sincero mi fa un cenno per dire andiamo?
Mi guardo intorno, il cielo è sempre più nero, e senza chiedermi perché incomincio a camminare, e questa volta non sono solo.
Che strano, perché è venuto da me?
Ma non importa, farsi domande è un’inutile modo per perdersi nel tempo.
Ha incominciato a piovere, lieve, quasi a sfiorare i nostri pensieri. Con un cenno d’intesa entriamo in un bar, ci sediamo in un angolo e ci facciamo portare due tazze di tè con un cornetto. Bevo e il caldo mi pervade lasciando una sensazione di tepore.
Mi faccio coraggio e gli chiedo come si chiama, lui alza gli occhi e con le labbra socchiuse mi accenna un sorriso. Mi basta guardarlo, lo stringo al petto e gli sorrido anch'io. Raccontiamo così, con il nostro silenzio, la nostra storia, umile al dirsi, sincera all'amore.
Guardo oltre il vetro e mi accorgo che non piove più, così prendo il mio zaino e in silenzio continuiamo il cammino. Il passo cade lento, mano nella mano è più bello questo giorno d’inverno.
Tra le case si aggira l’attesa e la gente si appresta alla sera. E' già l'imbrunire e si accendono le luci, laggiù vedo donne ormai stanche, piegate al lavoro e felici di amare il domani. Un sussulto mi prende, sento la mano leggera, mi giro per cercare il mio amico, è qui con me ne sono contento, e spavaldo saluto il mio sgomento. Ho pensato al giorno che è stato, all’addio che ha invaso il mio cuore, a quel volto che ho stretto ai miei occhi.
Non sempre l’amore ci accarezza ma spesso s’invola nel vento, lontano per cercare l’ardore. Nell’ombra della sera un saluto ci giunge nell’attesa, e senza méta giungiamo alla stazione.
Persone si affrettano a partire, a sperare che la méta sia vicina. Nell'angolo una panchina vuota, ci sediamo e con il cuore in pace ci stringiamo al sonno del riposo.
Il dolore al petto si fa risentire, più forte, mi manca il fiato, apro gli occhi e il bambino è lì, davanti a me, mi tende la mano; mi alzo e lo seguo senza timore, laggiù intravedo una porta, traspare una luce soffusa. Seguo il bambino che mi accompagna in silenzio, d’un tratto mi fermo stupito: cos’è questa luce accecante?
Il bambino mi esorta all’andare, il passo cade lento e in un attimo il dolore è passato.
Intorno tutto è luce tutto è pace, il bambino mi sorride e capisco di essere arrivato. Un bambino mi ha portato alla meta, ne sono felice, e in silenzio ho donato la mia vita, ad un sorriso.