In una settimana Verci aveva aperto gli occhi e cercava di stare in equilibrio sulle fragili zampe.
Anna si era resa conto che occuparsene era un lavoro a tempo pieno.
Ai primi raggi di sole cominciava a reclamare la sua pappa e andava avanti per tutto il giorno fino al tramonto. Non poteva allontanarsene per più di mezz'ora e la cosa più seccante era sostituire continuamente gli straccetti pieni di escrementi, ma la gioia che le dava svegliarsi al mattino al suo cinguettio prepotente e il vederlo di giorno in giorno crescere e mettere le piume la ripagava di tutto.
L' estate avanzava pigra, la scuola era ancora lontana e Anna continuava a trascorrere le sue giornate tra le noiose incombenze assegnatele dalla madre e i sogni ad occhi aperti nascosta tra i rami del pero, ma adesso non era più sola.
Vercingetorige le stava appollaiato sulla spalla, a volte le saliva in testa a becchettarle i capelli.
Anna ormai gli faceva assaggiare tutto ciò che mangiava lei.
Non era più necessario imbeccarlo, se gli si offriva una foglia tenera di insalata la sforbiciava col becco, gli spaghetti cotti li teneva fermi con la zampina come fossero vermiciattoli.
Sembrava non finire mai Agosto,e invece era volato via.
Settembre era il mese che Anna preferiva, era ancora caldo ma si sentiva che qualcosa stava cambiando.
L'apertura della scuola era lontana ma Anna, dopo quasi tre mesi di giornate vuote e solitarie l'attendeva con ansia.
A volte fantasticava di prendere la corriera con Vercingetorige sulla spalla e portarlo in classe con se, ma sapeva che non sarebbe successo.
Ormai Vercingetorige aveva imparato a volare alto nel cielo e lei lo seguiva con lo sguardo, con trepidazione quando si confondeva tra i suoi simili e non era più in grado di distinguerlo.
A volte stava via anche delle ore, ma tornava sempre da lei e la sera continuava a dormire nella scatola sul suo comodino.
Anche quell'anno arrivò il primo ottobre, Verci attese con lei l' arrivo della corriera poi, prima di salire, Anna lo fece volare via.
Come sempre il primo giorno di scuola era un turbinio di emozioni, ma stavolta non vedeva l'ora di tornare a casa. Vercingetorige non era mai stato lontano da lei per tanto tempo.
Al ritorno non c'era ad aspettarla, lei lo chiamò urlando il suo nome al cielo e tenendo sul palmo della mano un tenera foglia di insalata.
Alla fine Verci arrivò, becchetto la fogliolina e volò via di nuovo. Quella notte non dormì nella sua scatola.
Il giorno dopo svolazzava in alto alla fermata della corriera, Anna capì che era un addio.
Lo rivide ancora. Sempre più di rado si arrischiava ad avvicinarsi.
Anna era orgogliosa di come, da quel piccolo essere grinzoso, si era trasformato in un passero forte ed indipendente.
Da quel giorno e per gli anni a venire continuò a scrutare il cielo e a chiedersi, per ogni passero che le capitava di vedere se, chissà, poteva essere un figlio di un figlio di un figlio di Vercingetorige.