34 gradini.
17 per due rampe. Separate da un piccolo spiazzo in piano
I gradini sono di marmo, screziati e graffitati qua e la. Sbrecciati per la gran parte.
Io giù, in procinto di salire. Lei su, braccia conserte, gambe divaricate, capelli al vento e sguardo impenetrabile
Il primo che affronto, mi dice “era ora”
Il secondo sbuffando aggiunge “muoviti”
“Mettici impegno, e dai” mi dice il terzo
Il quarto osservandomi sottecchi mi sussurra “forza e coraggio”
Il quinto e il sesto non mi rivolgono la parola
Il settimo, ridendo, “e jamme, jà”
L’ottavo, serio, “guarda che se non ti sbrighi rischi di perdere tutto”
Il nono aiuta il piede a sollevarsi verso il decimo
Il decimo, truce, “che aspetti a salire a due a due, forza!!”
L’undicesimo e il dodicesimo battono le mani, come a incoraggiare
Il tredicesimo, lo sfortunato per antonomasia, tace per evitare fraintesi
Il quattordicesimo urla “mamma mia, e che ci vuole, muovi quelle chiappe flosce”
Il quindicesimo, il più rovinato, trova il fiato per avvisarmi “se non affretti il passo, mi sa che resterai con un pugno di mosche”
“Giusto” dice il sedicesimo
“Finalmente..e che c’è voluto!” aggiunge il diciassettesimo “ora corri, vola e non indugiare più..è una occasione più unica che rara !!”
Nel piccolo spazio che separa le rampe sollevo lo sguardo. Lei è sempre lì, sfinge inintelligibile. La fragranza dei suoi capelli mi inonda, trasportata dalla brezza. Con immutato fascino.
Affronto con piglio deciso il diciottesimo scalino, l’unico integro. “attento a quel fai” mi dice all’orecchio
“Verissimo” aggiunge il diciannovesimo
Il ventesimo volge lo sguardo altrove e, mentre lo supero, sento che dice “questo o è o ci fa”
“Piano, rifletti, è una cosa seria” mi dice il ventunesimo strattonandomi i pantaloni
“Può cambiarti la vita, attenzione” soggiunge il ventiduesimo
Il ventitreesimo non parla, ma mi afferra le scarpe nel tentativo di fermarmi
Il ventiquattresimo è muto dallo sdegno
Il 25 e il 26 , muti anch’essi, esprimono chiaro disprezzo, nel dissenso
Il ventisettesimo, spaventatissimo, mi esorta a fermarmi e tornare indietro senza se o ma
Il ventottesimo grida minaccioso “guarda che devi pensarci bene..tu stai agendo in modo avventato, te ne pentirai…sarà un disastro”
Il 29, con la sua sbrecciatura, mi fa inciampare e sghignazza, contento di aver rallentato la mia scalata
Il trentesimo mi ingiunge di tralasciare la mia solita e incorreggibile impetuosità, il mio istinto e di ascoltare una volta tanto la ragione, il buon senso
31 e 32 discutono animatamente fra loro: il 32 è del parere di non intromettersi
Il trentatreesimo, mi blocca la scarpa e in tono tragico tuona “torna indietro, ascoltami, la tua vita sarà rovinata irreparabilmente”
Il 34 tace, in lacrime, mentre ansante rialzo lo sguardo. E trovo la strada deserta: lei non c’è più.