Era novembre del 1980, il vento di tramontana era al suo secondo giorno, il freddo entrava nelle ossa ed il cielo era sereno, il mare azzurro che così neanche d’agosto, una giornata contraddittoria sembra tutto calmo e bello ma il vento gelido ti taglia il respiro.
Era la mia ultima settimana di volontariato al consultorio familiare, ed avevo un atteggiamento positivo verso il futuro, è vero che il periodo storico ha visto i peggiori attentati e violenze, ma avevamo anche ottenuto grandi vittorie sociali come il divorzio e la legge 194 sull’interruzione di gravidanza assistita, si parlava di una nuova legge sulla violenza sessuale per modificare quella orrenda dicitura che voleva la violenza un reato contro la morale e non contro la persona, insomma era tutto come quella giornata di tramontana, bello, pulito, limpido, ma c’era sempre il freddo da combattere.
8,20 sono fuori della porta a vetri,quei vetri strani lattiginosi da ambulatorio, suono perché dentro ci sono già le infermiere e due dottori.
I soliti saluti convenevoli e poi tutti nel cucinino per il caffè e i cornetti mentre le stufette ad aria calda cercano di scaldare gli ambulatori per i primi pazienti che arriveranno. Siamo tutti attenti al racconto divertente che il ginecologo sta raccontando, quando si sente bussare debolmente alla porta a vetri, io che sono più vicina alla porta mi avvio a vedere chi è, in fondo sono già le 8,30 ed è ora di apertura.
Dietro i vetri c’è una figura strana accucciata in terra, al suo fianco un bimbo, è lui che bussa con la manina…
apro e quello che sembravano cenci era una donna con il viso tumefatto ed il corpo martoriato, fra le braccia ha un altra bimba di pochi mesi, sono tutti e tre in pigiama con sopra delle giacche non adatte al freddo della giornata, sento solo la mia voce che chiama gli altri, il ginecologo mi passa la bimba che ha tra le braccia, poi la prende di peso e corre verso l’ambulatorio insieme alle infermiere e la psicologa, io rimango con un piccolo angelo infreddolito tra le braccia e l’altro con la faccia preoccupata a fianco, entro e chiudo la porta in modo che chiunque voglia entrare deve suonare, questo per sicurezza, gli altri sono intenti a soccorrere quella povera donna, io mi guardo il bimbo grande che non deve avere più di quattro anni, anche se il suo sguardo ne dimostra venti, gli sorrido timidamente ma lui non sorride anche se ha addolcito un poco lo sguardo, lo porto nello studio della psicologa dove c’è un divanetto ed è più caldo l’ambiente.
Lucia, la psicologa, esce dallo studio del medico e mi aiuta con i piccoli, insieme cerchiamo il modo di far mangiare qualcosa di caldo a loro e un cambio pannolino alla piccola, poi si addormenta tra le mie braccia, intanto Lucia ha chiamato i carabinieri e l’assistente sociale che segue il consultorio, gli altri pazienti arrivano per le visite e cerco di tranquillizzare tutti ma è tutto molto caotico fino a che l’ambulanza non porta via la donna e l’assistente sociale prende in carico i piccoli che vengono accolti in un istituto di suore aspettando che la loro mamma sia dimessa dall’ospedale.
Verso le 13,00 quando sono finite le visite del mattino e tutti noi ci sediamo un attimo per fare il punto della situazione non c’è voglia di scherzare né di ridere, quella povera donna era stata picchiata e violentata dal marito, solo alle 4,00 del mattino era riuscita a fuggire con i figli, si era rivolta alla sua famiglia, ma sua madre senza un briciolo di comprensione l’aveva rimandata dal marito, dicendole che lui aveva tutte le ragioni di picchiarla o violentarla perché lui era il capo di casa, e se lui aveva voglia di “montarla” lei doveva tacere e sottostare a suoi voleri. Lei doveva capirlo con le buone o con le cattive che non contava niente.
Io ho finito il mio volontariato quella settimana, la vita poi si è fatta più complessa per me studentessa fuori sede e ragazza impegnata, non so cosa sia successo dopo a quella donna e ai suoi figli, so che qualcuno ha tentato di aiutarla, spero con tutto il cuore che ce l’abbia fatta.
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Per tutte le violenze consumate su di Lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l'ignoranza in cui l'avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le ali che le avete tagliato,
per tutto questo: in piedi Signori, davanti a una Donna!"
William Shakespeare