Quando la incontrai non ero che un giovane distratto da superficialità, bicipiti molto sviluppati, primi segni sul viso di un'età che non pensavo potesse crescere.
La verità che celava ogni giorno la mia quotidianità, ritornava a galla ogni sera, nei richiami di un padre attento e scrupoloso, di una madre fiera e fragile e di un ego represso ma consapevole.
La ragione delle cose avanzava ed io la scoprii quel giorno.
Gli eventi funesti non si amano, si respingono o almeno ci si prova, ma imperterriti ritornano o forse non vanno mai via.
Morì all'improvviso, in una notte che non ricordo, un blu troppo alto e con troppe stelle, in un certo giorno della settimana che come tutti gli altri avevo trascorso insieme a lui.
Giorni strani, giorni e paradossi, fulmini e cornetti al cioccolato, gente, tanta gente, questo è quello che ricordo.
La mia mente non elaborò colori e immagini a fuoco per molto tempo.
Tuttavia, senza speranza e senza ragionamento, non passò inosservato un solo attimo di quei giorni.
Alzai la testa e mi ritrovai grande, troppo grande!
Avevo gli anni del piacere, dei grandi sguardi titubanti, del
"come si fa?", ma il ricordo era saldo, la presenza era reale.
Una notte, al mare, si cantava da un po', si beveva da troppo, si girava e rigirava, finalmente fui felice di riveder le stelle, quelle stelle che mi tradirono già una volta, era finalmente passata la paura, la maledetta paura di alzare lo sguardo.