Ciao Gianfranco, sei sorpreso? Immagino che quando Ilda ti ha dato questa busta ti sarai chiesto cosa ci fosse dentro. Beh, dentro ci sono io, o almeno quel po' di me che ancora rimane, e se mia sorella ha deciso di darti questa lettera significa che ormai, di me, non è rimasto quasi nulla.
Ho scritto una lettera anche ai ragazzi, una ciascuno. Ho chiesto a Ilda di darvele nel momento in cui mi sarei definitivamente persa in quel labirinto buio e silenzioso in cui ti incatena l'Alzheimer. Chissà quanto tempo passerà da quando chiuderò queste buste a quando voi le aprirete, spero molto, spero poco... Non so cosa sperare visto che è una malattia che ti strappa via pezzetti di te sotto i tuoi occhi e dentro le tue mani, considerando soprattutto che sarete voi a subite la tortura più atroce. Non so per quanto ancora resterò al vostro fianco, ma so che me ne andrò quasi senza rendermene conto, invece voi lo vedrete giorno dopo giorno, in ogni gesto non compiuto o in ogni nome dimenticato. E allora mi auguro di svanire molto in fretta, così che il mio degrado non sia per voi un inferno troppo lungo.
Eccomi qui dunque, a scriverti cose che sappiamo, che abbiamo vissuto, che tra noi sono sempre state sottintese. Eccomi qui a lasciarti qualche traccia di me quando non sarò che il ricordo di ciò che ero, quando ti guarderò con i miei occhi vacui e persi come se non tu non fossi di questa Terra, come se non appartenessi al mio mondo, quando in realtà tutto il mio mondo sei stato tu.
Ricordo ancora, e lo ricordo in modo vivido e tangibile, quando da ragazzo mi corteggiavi timidamente e mangiavamo i ghiaccioli seduti sul muretto davanti all'oratorio della chiesa di San Paolo. Mi ricordo il gusto aspro del limone, il mio preferito, e la tua lingua che rimaneva rossa dopo aver mangiato quello all'amarena, ché non ho mai capito come facesse a piacerti.
Credo di essermi innamorata di te quasi subito sai? Di quel tipo alto e dinoccolato che aveva le mani segnate dal lavoro e il sabato sera metteva l'acqua di colonia. Mi sono innamorata delle tue maniere, delle tue attenzioni, del tuo modo di dirmi 'a domani' perché suonava sempre coma una promessa, la stessa che hai mantenuto per più di cinquant'anni. E' stato semplice scegliere di starti accanto, è stato semplice passare la vita a braccetto con te e, anche se il nostro matrimonio non è stato sempre rose e fiori, rifarei tutto.
Ci sono stati anche anni difficili, specialmente quando i ragazzi erano piccoli ed il tuo lavoro non andava molto bene, ma nonostante le difficoltà non ci siamo mai allontanati, non mi hai mai fatto sentire sola. Come adesso che stai leggendo questa lettera, sono più che sicura che io me ne sono già andata da qualche parte nell'oblio della malattia ma che tu sei comunque al mio fianco. Tu mi hai dato tre splendidi figli e sei sempre stato un padre amorevole e presente. Ogni volta che ti vedo battibeccare con Pietro o coccolare Marta e Sonia mi tornano in mente le giornate passate al mare tutti insieme o le scampagnate in collina. Le domeniche d'inverno passate in casa, con loro tre che si punzecchiavano e tu che li guardavi severo e silenzioso, lasciando che se la sbrigassero da soli. Sono certa che ti saranno stati vicino durante la mia malattia, che avrete condiviso tutti la stessa disperazione pur facendovi forza l'uno con l'altro. Non aver paura di mostrarti fragile davanti a loro, perché loro sanno quello che provi e non possono che comprenderti appieno.
Ancora poche righe per ringraziarti, per dirti che vivere la mia vita con te è stato un onore, oltre che un piacere immenso. Ti ringrazio per avermi fatto sentire speciale ogni giorno della nostra vita insieme, anche in quelli più bui e turbolenti. Grazie per ogni singola litigata, da quelle accese della gioventù a quelle stanche della vecchiaia, perché le prime hanno sempre rinvigorito l'ardore del nostro sentimento le le altre hanno avuto il compito di sottolineare la nostra reciproca conoscenza e complicità. Grazie per le risate, la stanchezza, il mal di piedi a forza di cercare mirtilli, la focaccia calda con il caffè la domenica mattina. Grazie per i pianti, tutti i pianti, anche quelli di rabbia, anche quelli di dolore, perché ad asciugarmi le lacrime, alla fine, ho sempre trovato il tuo fazzoletto. Grazie per aver sempre avuto un fazzoletto pronto in tasca. Grazie per avermi dato l'opportunità di essere felice, di essere madre, di essere moglie. Grazie per avermi regalato la vita che ho vissuto perché, ti giuro, mai avrei voluto viverne un'altra. Con tutti gli alti e i bassi, con tutti gli ostacoli e le intemperie, è stata meravigliosa e tu sei stato l'uomo migliore che io potessi mai desiderare accanto. Ti ho amato per tutto quello che mi hai dato in questi anni di vita insieme, e ti amo ancora come quando mangiavano i ghiaccioli sul muretto dell'oratorio. Adesso tu mi guardi e forse non vedi più la Fiorenza che conosci, con la quale sei cresciuto e invecchiato, ma io sono sempre lì, da qualche parte, e come tu ti stai prendendo cura di quel che resta di me, io, con i nostri ricordi, mi sono annidata nel tuo cuore e mi sto prendendo cura di te. Vieni a trovarmi quando vuoi, sarò lì ad aspettarti, sarò a casa nostra.
Con tutto il mio amore e la mia gratitudine,
Fiorenza