Amici. Quanti ne abbiamo o ne abbiamo avuti durante le varie fasi della nostra vita, adolescenziale, studentesca, lavorativa? Quanti nel corso di questi anni sono andati nel dimenticatoio perché persi di vista o perché nel tempo non si sono dimostrati tali e a quanti siamo tuttora legati? Ognuno di noi sicuramente ne ha uno a cui è particolarmente più legato, il classico “mio migliore amico”.
Gianni l’ho conosciuto circa trentacinque anni fa, lavoravamo per due aziende farmaceutiche diverse, ma avevamo le stesse zone di lavoro, ci vedevamo quindi tutti i giorni o quasi. Andammo subito d’accordo, avevamo molte cose in comune: età, simpatia, affabilità nel lavoro, laziali fino al midollo. La simpatia era il suo cavallo di battaglia, sia nei momenti liberi che durante il lavoro, su di lui e sugli aneddoti che lo riguardano ci si potrebbe scrivere un libro, come si muoveva c’era da ridere.
Come quella volta che lo vide protagonista in un bar di un grosso distributore di benzina nei pressi di Torre in Pietra. Eravamo diretti all’ospedale Bambin Gesù di Palidoro e ci fermammo a fare colazione in quel bar. Il distributore era circondato da vasti campi dai quali arrivava un odore poco gradevole, segno evidente che erano stati concimati da poco.
Appena Gianni uscì dal bar si ritrovò in mezzo a sei poliziotti che erano intenti ad entrare nel bar e con fare innocente esclamò: “Ah…. che puzza de merda!!” Questi si fermarono fissandolo con uno sguardo non proprio gentile e lui, riconosciuta la gaffe aggiunse immediatamente: “Oh… scusate non ce l’avevo con voi ma qui si sente uno strano odore.” E si diresse verso la sua auto tra le risatine dei militi che fortunatamente avevano capito l’innocente battuta.
Dieta, una parola che Gianni non riusciva a trovare sul suo vocabolario.
Spesso prima di iniziare a lavorare ci si incontrava al mattino per scambiare due chiacchiere e quando arrivavo al solito luogo dell’appuntamento lo trovavo già sul posto con due bei pezzi di pizza con la mortadella, uno per lui e uno per me, non mi dava il tempo neanche di aprire bocca che mi diceva: “Mangia e nun rompe li cojoni, non devo ingrassare solo io!”
Una mattina con mio sommo stupore disse: “Da oggi sono a dieta.”
“Come mai da oggi che è martedì?" gli risposi "in genere le diete o si cominciano il primo del mese o di lunedì!”
Ma lui innocentemente sorridendo replicò: “Eh no, non potevo iniziare ieri, erano avanzati i cannelloni di domenica!”
Lo mandai candidamente a quel paese.
Un altro aneddoto fu quando in uno studio medico nei pressi di Trigoria assistette allo sfogo di una signora che si lamentava dell’elevato ticket che doveva pagare per fare una radiografia.
“Qual è il problema signora, sopra i sessantacinque anni c’è l’esenzione del ticket.”
La donna prontamente rispose: “Lo so, ma io ho cinquantasette anni!” e con una faccia di culo Gianni le disse: “Ma è sicura?”
La signora lo fulminò con un’occhiataccia, avrei voluto sprofondare!
Anche tra i colleghi Gianni era un vulcano di allegria.
A una di queste, nell’androne di un ospedale, presenti diversi colleghi e alcuni medici, chiese di fare una scommessa: “Scommettiamo un cappuccino e un cornetto che riesco a toccarti le tette senza che tu te ne accorga?” La collega cominciò a ridere intuendo un inganno ma dopo parecchie insistenze alla fine accettò la scommessa. Gianni le si avvicinò e, poggiate le mani sulle sue tette, cominciò a palparle ben bene facendole fare un rapido scatto all’indietro tra le risate di tutti.
“Hai sentito qualcosa?” Le chiese ridendo.
“Certo che ho sentito mentre me le toccavi!” Fu la risposta della collega.
“Mannaggia!! Ho perso, andiamo al bar.” Rispose tra le risate generali.
Grande Gianni, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.