... Ora, questa donna brutta e sgraziata, inspiegabilmente aveva avuto un sacco di storie d’amore.
Non felicissime: uomini che poi l’abbandonavano o che erano già sposati, ma un uomo c’era sempre. Forse il suo fascino stava nella sua inesauribile vitalità: a giudicare da come mangiava, da come beveva, da come ingurgitava la vita con smodata passione, suppongo avesse lo stesso sano approccio con il sesso e, a quei tempi, le donne libere e disinibite non erano poi molte.
Ad ogni modo si era già rassegnata a essere zitella tutta la vita, quando inaspettatamente, passati da un po’ i cinquanta, venne chiesta in moglie da un uomo molto più anziano di lei, un vedovo piuttosto benestante per di più, visto che era un direttore di banca. Non si vestì di bianco ovviamente, ma ricordo che portava un abito elegante color rosa salmone sul quale spiccava il bianco della collana di perle e ricordo anche la sua espressione seria che denotava credo il disagio per una cerimonia che a tutti sembrava, come dire, un po’ fuori tempo.
Di sicuro lo sembrava a me, che ero un bambino. Non avevo mai visto una donna sposarsi così vecchia e non concepivo il fatto che sarebbe andata a vivere altrove con quel signore… A conferma dei miei dubbi, dopo un paio di mesi la zia Marietta, scoperto che quel signore l’aveva sposata perché voleva un’infermiera gratuita per la vecchia madre e la sorella, entrambe malate, piangendo tristi lacrime tornò a casa.
(Ricordo l’espressione muta, che nessuno sembrò cogliere, di mia madre, che viveva da sempre con la suocera malata e questa cognata impegnativa… Ma questa sarebbe un’altra storia…)
Il divorzio non esisteva e quindi la cosa tra i due si concluse con una separazione. Non si sono mai più visti. Molti anni dopo arrivò una lettera di un avvocato: l’ex-marito era morto, ed essendo lei legalmente ancora la moglie, aveva diritto alla metà dell’eredità che all’epoca si aggirava intorno alla ragguardevole cifra di centocinquanta milioni di lire.
Lei era disperata. Me la ricordo seduta al tavolo della cucina, con la testa tra le mani, che piange e si dispera. Io ero un ragazzo allora, e mi sembrava assurdo: <<Dai, zia! Cosa piangi!? Sei diventata ricca e piangi?!>>. Lei tirò su la testa e tra le lacrime mi disse: <<E’ tardi, lo capisci? Cosa me ne faccio di tutti questi soldi, che sono vecchia!>> Tutti gli anni della gioventù in miseria, tutti gli anni passati a lavorare per mantenersi e ora si ritrovava piena di soldi a 72 anni.
Già tanto sana di mente non era, ma da quel giorno i suoi comportamenti diventarono sempre più stravaganti. L’avidità per la vita divenne frenetica e si riversò su quel denaro inaspettato facendole comprare qualunque cosa: una moto per me, un mastodontico organo da chiesa per mio padre, che non sapeva neanche suonarlo, pellicce per sé, mia sorella, mia madre, gioielli… e orologi naturalmente. Poi sette aspirapolvere, uno ancora lo posseggo io, svariate lucidatrici, non so quanti rasoi elettrici per mio padre, forse perché in realtà avrebbe voluto comprarli per i suoi baffi, e dopo un anno o poco più, finiti praticamente i soldi, un’afosa notte d’estate, girovagando mezza nuda per casa alla ricerca di un po’ d’aria da respirare, dopo qualche singulto strano e qualche scatto motorio mi ha detto con serietà: <<Me ne vado... me ne sto andando>> ed è morta. Aveva finito il tempo.
Oltre l’aspirapolvere, un po’ scassato ma ancora funzionante, mi è rimasto anche un vecchio orologio d’oro di quello zio acquisito e subito perso e qualche volta mi sono sorpreso a maneggiarlo pensando che prima o poi dovrei trovarlo il tempo di raccontare la storia di mia zia Marietta.