Era un valligiano tranquillo, il Murat. Abitava in una grande casa di pietra che un tempo aveva ospitato una famiglia di dodici persone. Poi, la miseria e i casi della vita si erano portati via tutti i fratelli di quel ragazzone buono a far tutto, tanto che in paese lo chiamavano il Jolly.
Andava dovunque ci fosse un lavoro da fare: un rubinetto che perdeva, la gettata in cemento di un solaio, la raccolta dell’erba medica per le vacche all’alpeggio. Per il suo aiuto, qualcuno lo ricompensava con un po’ di soldi, altri con cacciagione e verdure, altri ancora con un grazie. Il Murat comunque non faceva differenza. Era sempre lì, anche quando poteva aspettarsi in pagamento solo una sonora pacca sulla spalla.
Oltre alle suddette faccende, Adelmo Murat si occupava amorevolmente dei genitori, combattendo contro l’avanzata dell’Alzheimer e degli altri cento acciacchi che affliggevano quella vecchia coppia di innamorati. Malgrado si arrabattasse in mezzo a tanti impegni e fatiche, nessuno ricorda di aver visto il Jolly triste. Non sarebbe coerente con il suo personaggio. Lui sorrideva. Sempre. Quando anche i genitori se ne andarono uno dopo l’altro verso il cielo, rimase ad abitare due delle otto stanze disponibili, tenendole tutte rigorosamente in ordine.
Chi lo andava a visitare per parlar di nulla davanti ad un bicchiere di rosso corposo trovava una cucina linda ed ordinata. Nel mazzo della mediocrità esistono esseri tanto buoni e perfetti da parer finti. E’ una questione di statistica. Magari uno su un milione, ma ci sono. E con questo, la vita del Murat sarebbe già abbastanza raccontata, se non fosse per gli effetti del progresso.
Si era negli anni Sessanta del secolo scorso, quando l’Italia era diventata un immenso cantiere stradale. Il caso volle che, esattamente sopra la camera da letto di Adelmo, dovesse passare l’autostrada del Brennero. Una via per il Nord ritenuta indispensabile allo sviluppo industriale della nazione. L’ordinanza di esproprio arrivò con un messo comunale, imbarazzato nel vedere con quanta cura Adelmo stesse piantando una pianta di rose vicino al cancello. Peraltro, l’uomo non tentò di ribellarsi. Sapeva di non avere la forza per contrastare una decisione presa molto in alto. Ma una sera all’osteria disse queste parole: “togliendomi la casa, hanno fatto peggio che ammazzarmi”. Aveva un’aria triste e infelice. Nei giorni seguenti, ci fu dunque chi temette che il buon Murat avesse deciso di farla finita. Invece, non accadde nulla di nulla.
Il Jolly continuò imperterrito a fare i suoi lavoretti. Nel frattempo era andato ad abitare in una villetta nuova, comoda, più vicina al paese della sua vecchia casa, ormai demolita. Non aveva vizi. L’avvocato Sandri (l’unico legale residente in quel paesino dimenticato) lo aveva aiutato ad ottenere un congruo risarcimento per il danno subito.
Così mise da parte una piccola fortuna e nessuno si stupì quando iniziò a frequentare regolarmente un corso di inglese. Gli avevano detto che quella era la lingua del futuro. Che la parlavano milioni di persone in tutto il mondo. Anche se non si era mai mosso dalla sua vallata, il Murat volle impararla lo stesso. E siccome era un tipo pignolo, andò a scuola per cinque anni, arrivando a sapere l’inglese meglio dell’italiano.
L’esplosione si verificò intorno alle quattro di una notte decembrina. Fu udita a molti chilometri di distanza. Per fortuna in quel momento non c’erano veicoli sul viadotto, che venne giù come se fosse stato di carta facendo un fracasso infernale. I carabinieri incaricati dell’indagine ipotizzarono seduta stante un attacco terroristico, ma nessun estremista rivendicò l’attentato.
Proprio quella notte il Murat aveva iniziato un viaggio di sola andata verso le isole Lofoten, in Norvegia. Sapeva che ci avrebbero messo del tempo prima di arrivare a lui. E per la verità, a lui non arrivarono affatto, perchè in paese nessuno si sognò di tradirlo, informando la Benemerita del suo rancore verso la Società Autostrade.
Il jolly è una carta matta, imprevedibile. Anche se non ti sarà più utile è meglio evitare di contrariarla.