Il dottore entrò nella stanza e trovò i due fratelli seduti sul letto ad attenderlo.
«Buongiorno signori. Eccoli qui, i miei M&M's!»
Rideva ogni volta alla sua stessa battuta e loro, per educazione, ridevano con lui.
«La vedo in ottima forma, Marco. Matteo invece lo vorremmo nostro ospite ancora per qualche giorno. Ci fa compagnia?» e si lasciò andare a una nuova, fragorosa risata.
«Dottore, mi scusi» disse Matteo «avrei delle perplessità. Il nuovo braccio, vede? È più lungo dell'altro. Di diversi centimetri. Insomma, è un po' bizzarro.»
Allungò le braccia davanti a sé, perché il dottore potesse constatarlo.
«Un po' tardi per intervenire, temo. Consideri che quando cerchiamo un donatore compatibile la lunghezza non è una nostra priorità. Avrebbe preferito un rigetto?»
«Lo scusi, dottore» intervenne Marco. «Gli dicevo giusto ieri che con un risvolto alla manica il problema si risolve in men che non si dica.»
«Ma sì, ma sì! Positività! C'è altro in cui posso esserle utile?»
«A dire il vero, sì. Ecco, anche i piedi sono di due taglie diverse.»
«Compri scarpe della taglia più grande, no?» borbottò il medico.
«Ci ho pensato, naturalmente, ma ho un piede del 41 e mezzo, mentre l’altro è del 46.»
Fu di nuovo Marco a rispondergli: «Non ricordi cosa ci raccontava zia Patrizia, che da bambina doveva portare le scarpe delle sorelle maggiori? Lei usava l'ovatta. Basterà riempire la punta della scarpa del piede più piccolo.»
«Ma sì, ma sì! Ingegno! Ottimismo! Visto che c'è una soluzione per tutto?»
Matteo non poté trattenersi oltre. «Ah, davvero? E potete anche dirmi dove acquistare due scarpe sinistre spaiate? No, dico, era troppo chiedere che di due piedi almeno uno fosse destro?»
Calò un silenzio carico di tensione.
«Vedo che il mio lavoro non viene apprezzato. La cosa mi rammarica. Se è così vorrà dire che porterò le mie capacità altrove. Con permesso» e fece per andarsene. Marco si adoperò in mille scuse, ma Matteo lo interruppe «Dottore le chiedo scusa. Ho avuto una pessima nottata, non ho riposato e come ha potuto constatare l’umore ne ha risentito. Non è colpa sua, anzi, io la ringrazio per l’impegno e per tutto ciò che ha fatto. Il risultato che ha ottenuto è strabiliante.»
Gli porse la mano destra, quella del braccio più lungo. Il dottore la strinse con vigore tornando a sorridere.
«Ma sì, ma sì! Serenità! Soddisfazione! Non pensiamoci più.»
La voce all'interfono squillò allegra dall'altoparlante. Plin-plon! «Il dottor Vittorio Franchi-Stàini è desiderato in sala parto. Dottor Franchi-Stàini in sala parto.» Plin-plon!
«Oh, perbacco! È già ora. Scusatemi, ho un parto plurigemellare da tre sorelle siamesi. Ventitré bambini! Stavolta batto il record, speriamo solo che uscendo non s'ingarbuglino i cordoni ombelicali.» Il luminare se ne andò, salutando giulivo.
Marco guardò di sbieco il fratello. «Tu non me la racconti giusta. Ti conosco, hai fatto le moine solo per levartelo dai piedi senza battibeccare.»
«Scusa tanto se non riesco a vederla nella tua ottica» replicò acido Matteo.
«Questa battuta sa di muffa ormai. Ma… aspetta, è per questo? Sei geloso perché adesso ho tre occhi?»
«Sai quanto me ne frega dei tuoi occhi. Io voglio degli arti simmetrici! Rivoglio il mio corpo!»
«Beh, adesso che qui attaccato c'è anche il mio collo è il nostro corpo, cerca di ricordartelo!»