Il momento più noioso del mio lavoro di informatore medico scientifico era l’attesa nelle sale d’aspetto degli studi medici.
Vero è che eravamo facilitati da una regola, non scritta, che ci garantiva (non in tutti gli studi medici però) di entrare dal medico ogni due pazienti, nonostante ciò le attese non di rado erano abbastanza lunghe, vuoi per la lungaggine di qualche paziente, vuoi per la scrupolosità di qualche medico. Fatto sta che si doveva impegnare in qualche modo questo tempo di attesa per evitare di cadere nella noia più totale.
Cosa fare? Alcuni colleghi avevano l’abitudine di sedersi e, tirato fuori dalla borsa un libro, si tuffavano in una buona lettura, altri rimanevano in un angolo parlottando del loro lavoro e dei relativi problemi (e ce n’erano!), altri ancora come me, cercavano di intavolare un qualsiasi discorso con i pazienti presenti in sala, se non altro per cercare di imbonirli dal momento che eravamo visti da questi come il fumo negli occhi.
Tali discorsi venivano così convogliati sulla battuta e sulla risata per cercare di addolcire l’ambiente, anche se qualche volta sortiva l’effetto contrario facendo inviperire di più gli anziani pazienti. Come quella volta che entrando in uno studio medico insieme ad un collega sentimmo un’anziana signora esclamare: ”Ecco quelli che portano le medicine che ci fanno morire.”
A queste parole il collega pensò bene di replicare con quella che secondo lui doveva essere un’ottima battuta: “Eh no, signora, ci mancherebbe che vi facessimo morire. Voi non dovete morire, ma neanche guarire, dovete stare così così, né bene né male, altrimenti noi che ci staremmo a fare?”
“Ecco, lo sapevo, hanno pure il coraggio di dirlo! – alzò la voce la signora – ma con me cascano male, io le medicine non le prendo!”
Altre pazienti la supportavano con borbottii vari e sguardi alla cicuta, fortunatamente qualche persona “più sveglia”, avendo intuito la battuta, sdrammatizzava con una risata facendo calmare gli animi.
Ma in un altro studio medico un collega se la vide molto brutta a causa del suo modo di fare, anzi… di dire.
Una fredda sera di dicembre entrai in uno studio medico della Garbatella (il quartiere della serie “i Cesaroni”) e notai seduto tra i pazienti in attesa un collega che non vedevo da tempo, Luciano, una persona squisita noto tra noi e la classe medica per essere una persona con la battuta sempre pronta.
“Come va?” gli chiesi sedendomi accanto a lui.
”Come vuoi che vada – mi rispose ad alta voce e in quel momento capii essere scherzoso come sempre – non si riesce più ad andare avanti!”
“Che ti è successo?” continuai curioso di sapere dove volesse andare a parare.
“Lo stipendio non basta più, ieri mi è arrivata la bolletta dell’acqua, 600 mila lire - eravamo ancora con il vecchio conio- sai, ho 1600 metri quadrati di giardino da annaffiare. Non solo, domani è il compleanno di mia moglie e mi ha chiesto la pelliccia e mi parte un altro milione e mezzo."
Alcune persone presenti a quelle parole si guardarono tra loro stupite e cominciarono a prestare più attenzione al nostro colloquio.
“Eh, certo, la vita sta diventando troppo cara” lo assecondai cercando di trattenermi dal ridere nel guardare le facce dei pazienti.
“Mica è finita qui – continuò tenendo sempre alto il tono di voce – io e mia moglie abbiamo bisogno di aiuto per pulire i 250 metri quadrati di casa e quindi altre trecentocinquanta mila lire se ne vanno per la donna delle pulizie, senza contare le spese del vestiario, dovendo lavorare sempre in giacca e cravatta devo rifornirmi di camicie e spendo non meno di novantamila lire ognuna."
Nella sala d’aspetto dello studio medico non si sentiva più volare una mosca, solo la voce di Luciano, tutti immobili ad ascoltarlo con facce stravolte mentre un vecchietto si toccava il berretto e scuoteva la testa rivolta verso il pavimento.
“Ieri poi – continuava imperterrito Luciano – i miei figli mi hanno detto che hanno dei problemi con le loro tute da sci e dovrò spendere non meno di quattrocentomila lire per due completi, senza contare che la settimana bianca a Cortina mi costerà un patrimonio. Credimi, non ce la faccio proprio più, i cinque milioni al mese non mi bastano, non so come fare."
Bene, avete presente l’ultima goccia d’acqua che fa tracimare un fiume in piena? Quell’ultima frase sortì lo stesso effetto, come un razzo il vecchietto si scagliò verso il mio collega brandendogli il suo berretto davanti alla faccia e gridandogli: “E allora che cazzo devo dire io che prendo duecentocinquantamila lire di pensione?"
Furono attimi di paura, il mio collega Luciano aveva veramente esagerato con il suo racconto, mandando per la tangente quel povero vecchietto che, per la foga e la rabbia di rispondergli per le rime, aveva fortunatamente lasciato il suo bastone poggiato sulla sua sedia, altrimenti chissà… Il brusìo delle altre persone aumentava il tono della discussione al punto che il medico dovette affacciarsi dalla sua stanza per ripristinare l’ordine.
“Ah, sei tu – disse rivolto al collega – sempre il solito caciarone!” e ci fece accomodare nel suo studio togliendoci da quella situazione estremamente imbarazzante.