Mi alzo, stamattina, in una Roma che brucia come in un rinnovo di Nerone.
Il sole è alto e forte già alle sette anti meridiane.
Sembra un disco degli Dei, un faro che si espande senza pietà, immenso nella sua bellezza e alleato di Ares, Dio della guerra.
Tu sei lì, a Samo, nella Grecia da me troppo amata, splendido, fiero e giovane.
Sei bellissimo, dai tuoi trent'anni scolpiti sul tuo corpo, che io posso solo ammirare in silenzio.
Tu mi invii foto di ciò che fai.
Io ti ritraggo e ti tengo con me come modello ideale, bronzo di Riace dall'Armonia delle Forme perfette.
Mio Edipo e io, Giocasta, immagino me tra le tue forti braccia, madre stanca, ma confortata, innamorata del proprio figlio, orgogliosa della sua bellezza e poesia, perché tu sei un poeta.
Yannis hai ragione della tua esistenza, sei nel pieno della tua espressione, delle tue forze e mi chiami madre amabile, donna desiderabile, ma resteremo in una tragedia platonica: tu sull'isola di Pitagora, io nella caput di Cesare Augusto, così come due bei sogni di cuore e di sentimenti sensibili.
Sei un poeta, sono un'artista, legati alle nostre affinità elettive.
E Zeus ci sorveglia dall'alto.