Le persone normali non esistono, la normalità è un'invenzione, trova una sola persona normale, una sola persona che dentro di sé non porti un desiderio che non può vivere. La normalità sta nella parola "paura".
Le persone normali sono quelle che si conformano alla Regola e ogni regola è un'invenzione funzionale a coloro che vogliono dettar legge sulla vita della gente.
"Il mondo è fatto a coppie (vedi donna e uomo) e io lo voglio, il bene della gente". Con questa frase seppellisti il sentimento che era vero fra noi, la pulsione che fin da bambine ci aveva legate l'una all'altra come la forza di gravità lega la Luna alla Terra. Credo che tu fossi la Luna. La Luna, che ogni anno si allontana dalla Terra di quattro centimetri... troppo lentamente.
Non il legame, quello non venne seppellito, non lo hai mai voluto veramente. Quello è rimasto, hai chiuso gli anelli della catena con altre frasi che sapevi mi si sarebbero incistate nel cervello e avrebbero ingannato il mio cuore, per sempre.
Dopo avermi avvolta e imprigionata con un incantesimo di parole, pronunciasti quella frase, tombale, la prima palata di terra sulla bara di quello che doveva essere e non è stato.
Scegliesti di allontanarmi, scegliesti di sputtanare me e salvarti il culo agli occhi della gente "normale".
Poi sposasti lui. Lui che non conta, che non esiste se non che ha condiviso con te quasi tutto quello che mi hai negato. E ho detto quasi non a caso... Avresti dovuto scegliere me, lo sai bene, avresti dovuto scegliere me.
E dopo vent'anni ci rivediamo.
Mi dici: "Sei impressa a fuoco nel mio cervello, nulla è cambiato in vent'anni, è tutto come allora, è come se il tempo non fosse passato".
E mi dici anche: "Agapi mu".
E mi dici: "Sei stata la mia Grande Rinuncia e ho pagato, l'ho pagata cara".
E tutto il tempo che siamo state lontane, questi vent'anni, tempo perduto... ora cosa faremo?
"Vivremo insieme gli anni che ci restano".
Ma anche queste parole sono andate perdute. E' bastato un tuo sguardo freddo. Sapevi che avrei fatto tutta quella strada solo per vederti, quel giorno, un giorno dei tanti in quell'anno e mezzo di parole e sogni e abbracci e carezze.
Spaventata, di nuovo persa, ancora legata alla Regola o forse solo tanto piena di orgoglio e presunzione da non voler ammettere di nuovo che avresti dovuto scegliere me, la tua Grande Rinuncia, ti sei fatta trovare in casa circondata dalle tue guardie del corpo, tuo marito e la tua migliore amica.
Ed io perdetti il controllo.
Bastò la mia reazione di persona già ferita quasi a morte vent'anni prima, che vide in quello sguardo un nuovo abbandono, e di nuovo mi chiudesti fuori dalla tua vita.
La mia reazione fu terribile, pronunciai parole rabbiose, furiose, cariche di un rancore che mi aveva oppresso il petto e ucciso i pensieri per tutti quegli anni.
Ora penso che era ciò che volevi, quella reazione, per allontanarmi un'altra volta, perché eri ancora innamorata di me in un modo che non ti sapevi spiegare ma che sapevi ti avrebbe portato ancora a dover fare una scelta, di nuovo all'angolo, come tanto tempo prima.
"Non conosco il tuo nome, non so dare un nome a quello che c'è tra noi": un'altra delle tue frasi da guru in fase maniacale.
Le tue fasi maniacali le ho pagate anch'io, le ho pagate care.
Le tue depressioni e i tuoi ripensamenti anche.
E il mio nome non lo hai mai pronunciato, non mi hai mai chiamata per nome: "Non conosco il tuo nome".
Dopo che la mia rabbia ti travolse, ti chiudesti una volta di più, di troppo, nel tuo castello di carte, nel tuo castello di Tarocchi e psicoterapia, nella presunzione di esser stata per me una guida in questa vita (parole tue, sempre tue):"Siamo legate in un modo che trascende il tempo, legate da vite precedenti e in un'altra vita ci riconosceremo e forse staremo insieme, come doveva essere", mentre non sei stata altro che una condanna e io non credo che ci saranno altre vite dopo questa.
"Ho sempre voluto il tuo bene, ma sentirti o vederti mi agita, mi fa stare male".
Tu, tu, tu, sempre e solo tu. Hai sempre voluto il mio bene: cosa significa? E' il tuo modo di scusarti?
"Ho sbagliato, devo cambiare, sono io a dover cambiare": quante puttanate spacciate per saggezza, quante cazzate vendute come se fossero frutto di chissà quale profondità.
Vita interiore? Profondità di pensiero? Che mostruosità! Quello che fai è ciò che sei davvero, non ciò che dici, non quello che pretendi di regalare al mondo come un vangelo. Cos'hai fatto? Hai tradito, hai vissuto con paura e vigliaccheria, vigliaccheria per la tua vita che ha segnato anche la mia. Sei stata vigliacca, con me.
Avrei dovuto capirlo vent'anni prima, quando ricevetti una telefonata da un'amica comune nella quale mi diceva di lasciarti perdere: "Lei non è come te".
Tradimento. Quello fu un tradimento e il tradimento andrebbe riconosciuto subito e non perdonato. Dimenticarti proprio per quel tradimento sarebbe stata la cosa giusta da fare.
Ma vendicarmi, prima.
Tagliarti la testa e spargere il tuo sangue a Nord, a Sud, a Est e ad Ovest e con il viso e le mani coperte del tuo sangue andarmene, ripulirmi, curare le mie ferite fregandomene delle tue.
Ora hai perso completamente la ragione, confondi anni, confondi momenti, ancora decidi tu lo stato della mia salute mentale: "lo sento che stai ancora male e anch'io sto male, sentirti mi agita, ho sempre voluto il tuo bene". E con queste parole chiudi l'ultima nostra telefonata.
E, e, e, tutta una sequenza di e per dire con queste poche righe di una vita trascorsa a pensarti, a pensarci l'un l'altra, di una vita di vigliaccheria, la tua, e di lotta senza armatura, la mia.
Grazie di tutto, ora ho un'armatura pesante. Grazie di tutto. Tu ti sei persa completamente cercando di trovarti in quelle quattro mura del tuo castello di Tarocchi e Visioni ed io...
"Sei guarita" mi ha detto il dottore della mente, guarita dal disturbo borderline di personalità. Significa che non farò più cazzate, non mi farò più del male, gestirò il dolore quando tornerà ad urlare, schiaccerò, sì, schiaccerò, ogni pensiero di te quando tornerai a tormentarmi la mente e scaccerò i fantasmi di un passato che è inutile ostinarsi a desiderare migliore.
Questo duemilaquattordici è stato l'anno della guarigione? Sono solo la portatrice sana di una maledetta malattia: quella che porta il tuo nome. Io lo so, qual è il tuo nome.