18 giugno 2018
Ecco, ci mancavano i topi, una coppia di rattus Norvegicus mi guarda con occhietti cattivi, anche se non sembra voglia assalirmi, che stronza, mettermi i tacchi, anche se corti, per venire in questo posto dimenticato da Dio, schizzi di fango mi risalgono le calze, perché vestirmi bene per chiedere un favore?
«Che vuoi fighetta?»
«Cerco il pittore»
«Dipende, lui ti cerca?»
«Sono una cliente, lo sa, ha avuto mie notizie stamattina»
«Allora accucciati lì e aspetta».
Esce mentre mi siedo su una sedia di paglia, quelle che si usavano decenni fa, ecco mi sono rovinata una calza, porca puttana! Jeans, maglietta e scarpe da ginnastica, così si viene in posti malfamati, è inutile che vuoi farti benvolere Marianna, cosa ti aspettavi, gente che ti faceva un fischio d’apprezzamento e ti faceva passare davanti?
Riguardo i documenti che mi sono stampata, le ricerche condotte.
Euphemia Anastopoulos, nata il 19 maggio 1993 a Verdikousa, (provincia della Tessaglia) e scomparsa il 15 giugno 2010 durante una gita scolastica sul monte Olimpo, quando si allontanò dai compagni e non venne più ritrovata. Storia perfetta, un pizzico di “Picnic ad Hanging Rock” e un pizzico di Horror, non è stata mai più ritrovata, anche se non è mai stata ufficialmente dichiarata morta. Adesso avrebbe 25 anni, quindi cinque meno di me, ma io trenta non li dimostro di certo, si può fare, sono stata brava, pochi click nell’ufficio comunale del paese, poi sul sito della polizia municipale, un paio di giornali locali e nazionali e ho trovato tutto, non mi resta che farmi fare dei documenti falsi e sono a posto. È per questo che sono qui.
Mi fanno un cenno, posso entrare, l’uomo mi squadra, mi spoglia con lo sguardo, se lo soppesa «Ah, sei quella che ha chiamato oggi? Ho preso informazioni, sei a posto, dimmi cosa dovrei fare»
Gli passo il nome e i dati di Euphemia più le mie foto tessera.
«Eh no, un documento greco, mi dovrei sforzare a trovare i master, non sono sicuro di riuscirci, non posso perdere tempo»
Mi avevano avvertita, è un viscido, devo usare metodi femminili, m’inginocchio davanti a lui e gli sbottono i calzoni, scosto le mutande e uno schifoso grumo di pelle mi compare davanti. Dai Euphemia, resisti, per te è il primo e l’ultimo, almeno insieme a me, ti prometto che poi ci divertiremo. Mentre succhio, per distrarmi penso alla tua vita, eri spensierata? Ti sarai divertita? Qualche ragazzetto sarà riuscito a sbatterti su un prato? Vivevi in un paese in culo all’Universo (però almeno vicino alla casa degli Dei), non eri ancora maggiorenne, ce l’avevi ancora infiocchettata? Una verginella sprovveduta? Tranquilla Femy, ti rifarai… finalmente il liquido caldo mi cola in bocca, posso rialzarmi.
«Torna fra tre giorni»
Annuisco e sputo per terra, me ne vado senza voltarmi.
Bene, questa è fatta, sono libera, non devo più avere paura di ogni rumore, di ogni sguardo persistente, sono una cittadina greca, gli anni di liceo classico e la Laurea in Filosofia finalmente servono a qualcosa, pensavo di aver perso dieci anni di studi inutilmente.
Mi chiamavo Marianna Rivaroli, già, ora devo parlare di me al passato, quella morta sono io, sono restata l’unica componente dell’assalto al caveau di Chiasso in Svizzera del 25 febbraio 2018 ancora libera e con la quota di 5 milioni di franchi intatta (4 milioni e 400 mila euro al cambio). I miei complici di Cerignola sono stati tutti presi, il mio nome ufficialmente non è mai comparso, ma non sono sicura di averla scampata, prevenire è meglio che curare. Forse è anche grazie al fatto che non ho mai voluto avere Twitter, Facebook e tutte quelle cazzate social, non ho amici, conoscenti, parenti, ora capisco d’averla scampata per quello.
Tre giorni dopo
Il viscido è stato di parola, ecco il badge plastificato, è bello da vedersi. Da oggi, con i miei fedeli bancomat, sarò cacciatrice e non preda.
«Via Rovereto, angolo via Monza, prendo le valigie e mi trasferisco all’Hotel Principe di Savoia, se mi aspetta non se ne pentirà».
Il taxista mi studia perplesso, ma poi si decide a darmi fiducia, rimanendo all’entrata della casa che avevo affittata un mese fa, un posto pulito e tranquillo dove aspettare tempi migliori, da adesso invece sono libera di spendere e muovermi, con discrezione, ovvio. Pago il conto mentre ritiro le valigie che avevo già preparato. Cambio vita!
20 luglio 2018, un mese dopo
La musica Techno mi rincoglionisce, il DJ per ottenere la nostra attenzione ricorre a questi mezzucci, anche sparandoci le strobo in faccia, Lena e Tina, le due finlandesi con cui giro per locali da un po’ di tempo, gli mostrano il dito medio.
«Che stronzo, a uno così non gliela darei mai»
«Poveraccio, sarebbe l’unico al mondo»
«Vaffanculo»
Tina mi guarda incuriosita da quando siamo entrate: «Femy, quando te la sei comprata quella pochette di Gucci?»
«Ti piace? L’altro giorno a via Montenapoleone, è in pelle laminata, 1.290 euro, più 1.500 per lo zaino in pelle»
«Hai dato il culo per averle!»
«Ho lavorato, vorrà dire che mi scorderò il mare quest’anno.»
«Beh, è il minimo, che cazzo!»
Lena interviene: «Ma non riesci a parlare senza avere sempre il cazzo in bocca?»
«È il mio modo di parlare, problemi?»
«Dai, sei una modella, contieniti, mi fai sempre fare figure di merda»
«Anche tu non è che sei una chiccona del cazzo!»
«Smettetela dai, guardate la fauna e non rompete»
«È sua questa borsetta?»
Alzo gli occhi, un palestrato con la mia borsetta in mano si avvicina
«Porca mignotta Femy, non te n’eri accorta?»
«No, voi facevate cas… confusione… grazie, come se n’è accorto?»
«L’ha presa mentre eravate distratte, stava scappando, l’avevamo quasi catturato, ma è riuscito a scappare»
«Per fortuna ve ne siete accorti, guardavate da questa parte?»
«Beh, è normale, siete le tre ragazze più belle nel raggio di un chilometro e forse dell’intero pianeta»
Ridiamo, già interessate, sono tre tipi sui trenta, bel fisico ma con stile
«Il minimo che posso fare è invitarvi al nostro tavolo ed offrirvi qualcosa»
«Grazie, mi chiamo Tancredi, loro sono Daniel e Manuel»
Ci facciamo un giro di presentazioni, poi mi trovo Tancredi vicino, le coppie sono fatte, automaticamente.
«Sembra quasi che non aspettavaste altro»
«Beh, a breve ci avremmo provato in ogni caso, comunque lo stronzetto ha provato veramente a rubare, possono testimoniare quelli all’ingresso»
«Ci credo, tranquillo, commentavo la vostra dose di fortuna… ma anche la nostra»
«Grazie Femy… che nome strano, è un diminutivo?»
«Sì, sono greca, mi chiamo Euphemia Anastopoulos, qui in Italia nessuno riesce a dire bene il mio nome»
«Strano, Euphemia… Euphemia»
Inizia a dirlo sempre più sensualmente, mentre mi bacia una mano
«Non aspetti tempo!»
«Si vive una volta sola»
Mi giro, vedo anche gli altri già in trattative avanzate, l’assalto alla baionetta produce i suoi frutti, d’altronde, anche noi siamo lì per questo, appena mi giro noto che ha gli occhi fissi sulle mie gambe, lentamente lascio che la gonna si alzi, con questi divani è facile.