Lascio l'orgoglio dove è sempre stato, nella tasca dietro dei pantaloni, quella a destra, dove la mia mano non cerca mai. È strano, i soldi non mi possiedono eppure il portafogli, quando non uso lo zaino, sta nella tasca sinistra, in quello che dicono essere il lato del cuore. Mi ci siedo sopra, all'orgoglio, lo avverto con la natica, sembra muoversi. Ma lo lascio lì e apro il cuore, invece. Eccolo qua, un grumo rosso che pulsa troppo veloce, novantadue battiti al minuto, novanta quando va bene, a riposo. È un cuore piccolo e poco allenato allo sforzo; più che battere, si dibatte, sbatte, fa casino, confonde tra sangue e acqua, acqua salata, pompa acqua che dovrebbe uscire dagli occhi, non sa cosa fare e pompa via tutto insieme. Tutto ciò che ho sognato dell'amore è roba mia, mie le immagini, mie le parole, mie le sostanze evocate, miei i tessuti coinvolti, dalle lenzuola alle tovaglie da pic-nic, dai muscoli alla pelle, dal cervello al... cuore. Voi tutte non ci siete mai state ma io creato per voi i giardini di Babilonia e i pomeriggi davanti all'oceano Atlantico, ho imbandito per voi la tavola più ricca e raffinata, la più semplice e calda, ho acceso per voi, solo per voi, ognuna di voi, il camino più grande, il fuoco più intimo, legna asciutta di mare sulla sabbia, rami profumati di resina in un cerchio di pietre in una foresta, sterpi e piccole braci accanto a un fiume in una pianura kazaka, foglie secche di palma in un'oasi tunisina, la stufa antica e il suo forno col pane caldo a cuocere.
Per voi ho sollevato città tra le nuvole, per voi ho condotto un kayik nel Mar Egeo e nel Tirreno, la barca di Nefertiti sul Nilo, vi ho chiamato coi vostri nomi quando avrei potuto evocare regine e muse e dee e maghe, vi ho visto. Io vi ho visto, ho guardato bene, ora confesso vi ho amato lo stesso. Anche questo è strano, no? Si dice che l'amore sia cieco o che renda ciechi, io vi ho sempre visto bene, anche quando mandavate i bagliori del sole o della luna, ho visto le ombre eppure vi ho amato comunque. Non le ho scoperte dopo, no, da subito e forse ho amato più le ombre della luce. E dietro a quelle, la fine. Vi ho amato nonostante la fine alla fine di voi, dietro, in una delle vostre tasche dimenticate. E avete smesso di amarmi quando ve ne siete accorte. Ho visto troppo, non vi è piaciuto. Vi ho amato tutte intere e non vi ha fatto piacere. A me piacerebbe, una volta, essere amata tutta intera e non consultata come un oracolo o vista come una sorpresa da scartare con dita adunche e occhi avidi. Guarda... è una pietra preziosa, racconta di tutte le ere che ha superato, delle mani che ha impreziosito, taglia il vetro, è arrivata fino a te, rifrange la luce, perfino la tua che è così fievole... e tu non sai cosa farne, se la indosserai te la ruberanno, se la lasci in cassaforte la dimentichi e allora prendi un cristallo sintetico, una pioggia di vetri colorati e luccica, gira per i tuoi stretti vicoli cercando un lampione e scuoti i tuoi Swarovski per la strada. Non valgono un cazzo ma ci tieni perché ti fanno brillare; i diamanti abbagliano anche solo alla luce della luna e ti rendono invisibile. Torna alla disciplina delle abitudini, ricostruisci lo specchio in camera tua, riempi lo stagno con nuova acqua e cerca ancora qualcuno che creda che dentro tu abbia qualcosa. Confesso di avervi amato, voi che non vedete altro che il vostro riflesso, questo è il mio peccato e pago in acqua salata, nelle vene e non dagli occhi.
Una mano alla tasca destra la potrei portare ma a cosa servirebbe?