Per la prima volta dopo due anni Rosa stava sorridendo. Davanti allo specchio guardava soddisfatta il vestito che indossava, era un capo davvero speciale, sembrava fatto su misura per lei. Ottima stoffa e perfetta manifattura. Sorrideva al pensiero di averlo comprato la domenica precedente a Resina, il più grande mercato del Sud per gli abiti usati. Era uso corrente, per i napoletani di ogni ceto, recarsi di prima mattina in quel mercato dove alle cinque si aprivano le balle provenienti da tutta Europa e dall’America.
Chi aveva bisogno di un abito per qualche ricorrenza era sicuro che quello era il posto giusto. Si trovava di tutto, dall’abito da sera per signora, all’abito da fatica, ai costumi per carnevale, dalla semplice camicia alla pelliccia di visone.
La storia d’amore di Rosa con un uomo irascibile, manesco e troppo geloso, era finita in modo burrascoso proprio quel giorno di due anni prima. Aveva pianto molto per la delusione e quella mazzata l’aveva resa diffidente e maldisposta verso il genere maschile.
Quella mattina, per la prima volta da allora, con quel magnifico vestito stava ritrovando il sorriso e la voglia di vivere .
Era l'8 marzo, un giorno particolare e lei era decisa a goderselo. Vero che stava andando al lavoro, ma la splendida giornata di sole e l’euforia del vestito nuovo l’avevano messa di buon umore.
Lavorava come guida turistica sugli autobus Gran Turismo, parlava correntemente quattro lingue e, dal suo posto accanto al guidatore, illustrava le bellezze della città considerata fra le più belle del mondo. Ogni giorno un carico di persone diverse, ognuna con la sua storia, i propri segreti, arrivava a Napoli con la voglia di godere del suo sole e di conoscere la sua storia.
Rosa amava il suo lavoro ed era sempre disponibile con tutti i suoi clienti, con loro era sicura di non correre rischi e di non essere coinvolta in problemi sentimentali.
Era una gran bella ragazza, una bellezza mediterranea, molto formosa, capelli neri e occhi scuri capaci di suscitare negli uomini sguardi di desiderio.
Dopo essersi rimirata ancora una volta allo specchio, prese la borsa e uscì di casa. Il tragitto fu una specie di passerella per la giovane, non ci fu un uomo che non le rivolse uno sguardo lascivo o donna che non le lanciò occhiate di invidia. Oltre ad essere la bella ragazza che era, quel vestito le stava d’incanto, sembrava cucito addosso.
Arrivò in ufficio sotto gli sguardi ammirati degli autisti dei bus, nell' attesa di partire per il tour della città.
"Buongiorno signorina Rosa, voi siete sempre bella, ma oggi avete qualcosa che vi rende ancora più bella. Deve essere il vostro sorriso. Lo sapete che in due anni è la prima volta che vi vedo serena? Approfitto per darvi questo piccolo omaggio."
Così dicendo Pasquale, l’autista che guidava il bus dove lei sarebbe salita fra poco,le porse uno splendido ramo di mimose.
Si conoscevano da molti anni e c’era rispetto reciproco. Lui aveva sempre parole gentili per lei, la curava come una figlia.
- Grazie Pasquale, sei sempre gentile come il solito. Ti ringrazio per il pensiero, lo apprezzo molto, però adesso dobbiamo lavorare, comincia a mettere in moto che, appena preso in consegna la lista dei partecipanti, partiamo. Vorrei finire presto, oggi è festa e questa sera voglio uscire e divertirmi con le mie amiche.
Detto questo si avviò verso gli uffici della ditta per prendere l’elenco. Dopo cinque minuti era già a bordo del pulman per andare a prelevare la comitiva di turisti a lei affidati. La mattinata passò veloce, fecero il giro completo delle vie panoramiche della città, si fermarono ad ogni angolo per le foto di rito.
Le vecchie signore che componevano il gruppo cinguettavano come uno stormo di pappagalli e Rosa ebbe il suo da fare per cercare di ridurle al silenzio.
All' ora di pranzo si fermarono come di consueto in un ristorantino della zona dove era previsto un breve intermezzo.
Rosa approfittò per stendere la prima parte di rapporto, mentre alla fine del pranzo i suoi turisti si rimpinzavano di sfogliatelle, babà ed altre dolci prelibatezze
La pausa era terminata da parecchio tempo e soprattutto le vecchie signore cominciavano dare segni d'insofferenza, il bus era fermo sotto il sole e la temperatura diventava insopportabile. L’autista aveva suonato il clacson più volte ma Rosa non si vedeva, stava sforando l’orario sulla tabella di marcia.
Alcuni ragazzi extracomunitari si erano avvicinati all'autobus per offrire rametti di mimose, quel giorno si festeggiavano le donne e la città brulicava di venditori di fiori. L’aria era satura del loro profumo. C'erano banchetti di vendita sparsi ovunque, una festa entrata da poco nella tradizione italiana, ma già diventata un appuntamento gradito a molte donne.
Vista la prolungata assenza della ragazza, l’autista, andò in giro a cercarla. Passò dal proprietario del ristorante, chiese al bar, fece un giro completo dello spazio intorno, ma non trovò tracce.
Alla fine decise di provare nelle toilette, con molta attenzione si affacciò in quelle delle signore.
Un particolare attrasse la sua attenzione: dalla porta di uno dei box sporgeva un piede senza una scarpa. Il poveretto con un balzo si avvicinò e non poté trattenere un urlo di dolore misto a stupore. Il corpo senza vita della signorina Rosa giaceva disteso per terra su un fianco, con una macchia di sangue sotto il seno sinistro. Il vestito era scomparso, la ragazza era seminuda, appena coperta da un paio di mutandine di pizzo che coprivano ben poco e un reggiseno dal quale il seno prosperoso coperto di sangue, era quasi del tutto fuoriuscito. Sul corpo della sventurata ragazza era stato buttato un ramo di mimosa, come uno sfregio, un ulteriore offesa che aveva il sapore di un odio profondo.
L’autista, a stento, riuscì a trattenere un conato di vomito, con il cellulare avvertì subito la polizia. Si tolse la giacca e cercò di coprire quel corpo oltraggiato.
Era quasi sera, quando la polizia riuscì a far ripartire il bus con i turisti frastornati e indignati.
Le indagini si persero in un nulla di fatto e il caso fu archiviato fra quelli insoluti.
Nessuno poteva immaginare che quel vestito, sottratto alla vittima, sarebbe riapparso più avanti, pochi mesi dopo, indossato da un’altra ragazza anch’essa desiderosa di farsi notare e di ben figurare con un vestito nuovo, una certa Luisa Grimaldi che conosceva bene il mercato di Resina, ma che non era stata così fortunata, come la sua collega ed amica Rosa. Anzi, averla vista con quel magnifico abito che dava ancora più risalto alla sua figura era stato insopportabile per lei, quel maledetto vestito aveva fatto scattare in lei un'ossessione, un richiamo d'invidia al quale non aveva potuto resistere, quel vestito aveva dovuto essere suo ad ogni costo.