Credo che l'esperienza che accomuni una qualsiasi donna e ogni ragazza di 16 anni come me sia il ricordo di una passeggiata sotto il sole o in compagnia sul lungomare, scambiare due parole o ridere sguaiatamente, meditare al sorgere o tramontare del sole, sognare il grande amore ad occhi aperti e un futuro di successo.
Del resto a quell'età tutto è lecito e spontaneo sperare, desiderare.
Quel che è certo è che bisogna solo aspettare di crescere, sì, forzando un po' la mano perché ciò non rischi di venir cancellato poco a poco dalle fragilità che crescono di pari passo con le aspirazioni.
E son certa che anche mia madre sognasse per sé una vita e un amore diverso, che la rendesse unica, speciale, amata.
Ma lungo il cammino si è persa, ritrovandosi spesso a fare i conti con le proprie fragilità, debolezze, contraddizioni che l'hanno portata a dover scendere a compromessi su compromessi, illudendosi ogni volta che quello sarebbe stata la volta buona.
E così sono nata io. Il frutto di un amore sbagliato. Amori così sbagliati da venir spesso trascurata, messa da parte per far loro spazio. Per poi ritrovarmi certe sere in qualche angolo di casa a consolare in un abbraccio materno ciò che rimaneva di lei: un corpo ferito, un cuore umiliato, un volto insanguinato.
E ogni volta, ad ogni lacrima, ad ogni parola singhiozzata, ad ogni abbraccio, a strapparle la promessa - vana - che quella sarebbe stata l'ultima volta per lui, che era giunto il momento di denunciarlo.
Ma l'amore, anche quando è malato, non segue la ragione, tanto più se si è aggrappati a quell'idea di amare ed essere amate a tutti i costi.
Io, però, cominciavo a provare un certo distacco da quella sua realtà: dopotutto avevo solo 16 anni e sono ben altri gli interessi a quell'età che attirano la propria attenzione!
E lei forse, per la prima volta, se ne era resa conto e per salvaguardare il nostro rapporto si era decisa a sporgere denuncia, sebbene poi non ci pensò su due volte a lasciarmi dai nonni e lasciare la regione.
Già, la regione! Nemmeno la città, non bastava: così le avevano suggerito le autorità.
Ad onor del vero, lei mi aveva anche chiesto di seguirla, che si sarebbe occupata di me come non aveva fatto ancora.
Ma glielo si leggeva chiaro negli occhi che erano solo frasi fatte, dovute, di circostanza: lei temeva per la sua vita e io questo l'avevo percepito!
Forse un'altra figlia l'avrebbe seguita, non l'avrebbe lasciata sola. E forse anch'io, se non fosse stato che gran parte della mia breve vita l'avevo vissuta con i miei nonni materni.
Strano a dirlo, ma quando mi chiese di seguirla, ho pensato solo a loro e alla vita che mi apparteneva. Niente di più.
Così, prima che partisse per il Nord, l'abbracciai, inconsapevole che sarebbe stata l'ultima volta.
In fondo aveva ragione lei: quella storia poteva finire soltanto con la morte degli stessi protagonisti.
Nessuno avrebbe potuto trovare pace se non attraverso la morte.
E puntualmente quel giorno arrivò: mi trovavo in paese a passeggiare sola, serena, immerso nel mio mondo, quando mi si parò davanti lui con una pistola puntata dritta al volto.
Già altre volte dopo la partenza di mamma l'avevamo incontrato, io e i nonni.
Ogni volta chiedeva di lei e ogni volta se ne andava promettendo che non sarebbe finita lì. Ed era evidente che non si sarebbe arreso.
E quel giorno era proprio la resa dei conti. E a farne la spesa fui proprio io, che all'ennesima richiesta di sapere dove fosse lei, risposi " DA ME NON LO SAPRAI ! NON LA MERITI! SPARISCI PER SEMPRE DALLA NOSTRA VITA, FALLITO!".
Forse non pensavo arrivasse a tanto, a sparare in faccia a una ragazzina, in pieno giorno e davanti a qualche testimone.
E forse nemmeno lui si aspettava che una ragazzina si spingesse a tanto, a mostrare tutto quel coraggio che persino "all'amore della sua vita" era mancato.
E forse per l'umiliazione di essere stato tenuto testa da una mocciosa o forse per non uscire di scena a mani vuote, mi sparò, si sparò.
La pallottola mi colpì in pieno volto e anche per me , presto, non ci fu nulla da fare.
Ugualmente di una cosa vado fiera: la mia vita è servita a ridare luce alla vita di chi 16 anni prima l'aveva donata a me, con gli stessi timori, perplessità e speranze.
Un bacio mamma!