Ero poco più che una bambina, quando l'alito appannava i vetri della stanza e stavo ore ad osservare la neve cadere, fantasticando di giocare a palle di neve affondando i piedi nel ghiaccio o soltanto immergervi le mani per formare un gran bel pupazzo tutto da ammirare.
Già, perché le mie fragili condizioni di salute non sempre permettevono di uscir fuori e godere di quelle giornate.
Ugualmente amavo la neve: l'idea di scaldarmi al calore delle coperte, all'abbraccio di mamma o al fuoco del camino mi elettrizzava, cullandomi serenamente dietro all'eterno ricordo di quell'attimo gelido, insidioso, persino burrascoso della neve in Svezia.
Dopotutto, erano ben altri gli inverni freddi che temevo di più: i silenzi e i frequenti litigi tra mia madre e i miei nonni, che rendevano l'aria sempre più pesante, intollerabile tanto da desiderare di evadere, di trovarmi lontana da lì.
Così presto scoprii la musica: dapprima come semplice passatempo, allegro e spensierato, poi come vero e proprio modo di evadere e allontanarsi da una realtà sempre più distante da me, e la seguii incondizionatamente.
Cominciai, allora, a frequentare locali con musica dal vivo: all'inizio era solo per lasciarmi andare, farmi coinvolgere dal suono, dal movimento della gente che ballava attorno a me.
Poi una sera, seppur con timidezza, venni invitata da una band a salire sul palco e cantare con loro una cover.
Fu incredibile. Un successo oltre misura.
E lo pensò anche chi mi notò, tanto da propormi di partecipare ad un evento canoro nazionale che avrebbero visto tutti in TV.
Accettai, senza pensare che tutto ciò si sarebbe potuto trasformare in una carriera.
Io mi vedevo sempre quella bambina bionda, carina, figlia di quell'esperimento di razza pura a cui mia madre era stata sottoposta durante l'occupazione nazista.
Invece, incredibilmente, mi ritrovai notoriamente catapultata nel panorama musicale del mio paese, incidendo dischi e ricevendo molte richieste di collaborazioni.
Ma anche quel mondo cominciava a starmi stretto.
E forse lui l'aveva capito ancora prima di me.
Era il leader di una band underground molto seguita nei locali e dai giovani. Una sera mi disse che stava formando un nuovo gruppo per tentare la scalata alla musica e che era proprio in cerca di una come me, che mi aveva sentito cantare, che avevo molto talento.
Da subito pensai che ci stesse provando, ma del resto anche lui piaceva a me. Così non mi rimase altro che pensare alla sua proposta e... accettai.
Da allora publicammo diversi album, alcuni brani divennero vere e proprie hit mondiali che si cantano e ballano ancor oggi, e ogni nostra canzone la si riconosce subito perché noi siamo... gli ABBA!