Nell'ossessione di quel che non è stato, ritrovo ancora quel che gli sguardi tuoi celavan nei miei, mia dolce e amatissima Tommasina.
C'era del bello nei tuoi occhi, di una bellezza limpida, disarmante, nobile come il tuo rango.
Notarti sin dal principio che misi piede nella tua natia Superba, mi parse la cosa più naturale e scontata che mi fosse mai capitata.
Di battaglie è pieno il mondo, ed io, che sono il sommo artefice del destino del mio popolo, non mi sottraggo certo al volere di Nostro Signore Onnipotente.
Ma è dell'amore e in suo nome che si vive, che vivo!
E di quell'amore che mi attese al ritorno da ogni lurida, estenuante, infame guerra, io vissi a lungo.
E furono abbracci, baci, amor carnale.
Ma tu, proprio di quella passione, di quella lunga attesa, ti consumasti, come la candela e il suo stoppino.
E quando nei tuoi occhi il buio calò, a sé l'abisso mi avvolse.
E da allora solo freddo.
Così tanto freddo, che nessun sole può scaldarmi.
Nemneno quel che oggi buca la piazza della tua amata Genova, che di mare, porto e pesce impregna ancora questo cuor dolente.
E impotente, strutto, inquieto, vano se ne sta.
E inquieto è anche questo mondo, che non lascerò prima di far sapere pubblicamente che qui vive - e vivrà per sempre - "l'amor perfetto", quel che non si era mai scritto e mai detto, ma vissuto con sincero affetto e con reciproco, profondo rispetto.
Luigi Xll