Guardando oltre il mio sguardo, intercetto il profilo inconfondibile del Monte Sant’Elia, mi soffermo sulla sottostante Palmi – la Sorrento della Calabria –, e m’intenerisco al pensiero di un episodio di anni prima, proprio lì, a Palmi, cittadina in una posizione incantevole fra mare e monti, famosa per la “Varia”. Un “carro” di grandi dimensioni, un veicolo sacrale che simboleggia l’universo e l’assunzione in cielo della Madonna in una sacra rappresentazione corale di tutti gli abitanti e non solo. Su quel “carro sacro”, che nei secoli è arrivato alla ragguardevole altezza di ben sedici metri, trovano posto come figuranti giovani e giovanissimi del luogo nei diversi ruoli delle sacre scritture – dalla “Animella”, cioè la Vergine Maria, a Nostro Signore il Padreterno, poi i Santi Apostoli e gli Angeli, i bambini di Palmi.
La “Varia”, quella “Macchina” coì complessa e pesante, è trasportata a spalla da duecento "Mbuttaturi", come nella cittadina chiamano i portatori, – seguendo un’attenta regia frutto di tradizioni e consuetudini consolidate attraverso i secoli –, lungo un percorso segnato da rami di palma e di coloratissime Bougainvillee che decorano tanto le belle facciate degli edifici importanti che i semplici prospetti della case più modeste. Se neparlava in questi termini: «Ma sontuosissima è quella festa che si celebra in Palmi in onore della S. Maria della Lettera, – così l’evento veniva descritto in pieno Seicento –, con macchina maestosa di figlioletti in abito di Angioletti vagamente adornati che accompagnano la Vergine trionfante nella cima di una macchina, quale porta in detto giorno processionalmente per le strade maggiori del luogo con meraviglioso concorso di popoli...».
E ancora: «Nella religiosa e amena Palmi, nella Calabria, – documentava un Vescovo quasi cent’anni prima –, è si grande ladevozione verso la dolcissima memoria di Maria della Lettera, che quasi pretende di gareggiare colla stessa Messina. Onde in ciasc’un anno se ne celebra con molta pompa la festa... nell’ultima domenica d’agosto, in cui si dalla Sicilia, si dalla Calabria, è innumerevole il concorso di popolo...», e di questo popolo di fedeli si sentivano parte, pur non essendo di Palmi, la mia famiglia, i miei parenti e i loro conoscenti.
Tutti, palmesi e fedeli venuti da fuori, erano presi dall’entusiasmo per quell’evento di fede, e già avvicinandosi alla cittadina si udiva l’incalzare del canto religioso “Della Lettera Signora, / Salva Palmi che t’onora”.
L’accorrere di gente verso le strade principali era continuo e inarrestabile, e l’afflusso dei fedeli dai paesi vicini sembrava non voler cessare mai.
Difatti i suoi genitori si recavano ogni volta anPalmi per la festa di Maria Assunta. Quando ebbe dodici anni, vi salirono dalla Piana secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsa la giornata, mentre riprendevano la via del ritorno, il piccolo Ottavio rimase a Palmi senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, intrapresero a piedi la via del ritorno e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui su a Palmi, e lo trovarono nei pressi del tempio, seduto in mezzo a un gruppo di estimatori del bello, che lo osservavano ammirati mentre disegnava chiese, case e palazzi, piazze e piazzette, strade e persone, pieni di meraviglia per la sua arte così precoce.
Nel vederlo i suoi restarono stupiti, e sua madre gli fece soltanto una domanda aggiungendo poche parole, «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo», ma non lo redarguirono perché erano compiaciuti del loro figliolo che si giustificò.
– Seguivo il mio istinto, la mia grande voglia di disegnare ciò che ci circonda!
E a Palmi c’era molto da disegnare: bei palazzi e chiese grandi e piccole, il brulicare di gente per tutto il centro, la monumentalità della “Macchina”, l’effetto teatrale e il pittoresco dei costumi dei figuranti e il loro identificarsi nei personaggi interpretati, i colori, gli addobbi a finestre e balconi, le fiaccole e le lucerne a olio lampante a mo’ di luminarie, le bancarelle di dolciumi e cianfrusaglie, i musicanti, la curiosità degli spettatori nei loro abiti del dì di festa e infine, ma non ultima, la grande fede popolare che animava tutta la processione. Una fede che rapiva tutti, aristocratici, borghesi, e l’immenso popolo, intonantitutti assieme, e per l’occasione senza differenza di ceto: «Della Lettera Signora, / Salva Palmi che t’onora».