Le gardenie di Moulié su Place de Palais Bourbon erano fresche di raccolta e avevano un profumo tenue, vivace e soffocato di fragranza. Il bianco dei fiori investito dal tramonto di metà Settembre e dai passanti che passeggiavano su la rue, sembrava concedere una certa filigrana alle ombre che si proiettavano trasparenti nelle curve dei palazzi.
Moulié aveva in mano il bouquet d'ordinanza, ritoccava con cura gli ultimi piccoli dettagli alla luce di ciò che restava del sole alla finestra, nell'attesa che Jacques arrivasse lasciando i soliti venti franchi senza prendere il resto. I fiordaliso erano i preferiti di Jacques, gli ricordavano il blu degli occhi di Neta e inoltre la loro ispida delicatezza metteva in lei un certo buonumore.
Neta, d'origini israeliane, parlava poco e male il francese; in compenso era dotata di una particolare bellezza, di occhi chiari nel blu, capelli castani tagliati corti sotto l'orecchio ed una certa femminilità nei modi e nelle gambe che sfilavano per Parigi nei suoi abiti da cocktail, come se la città fosse un gioiello che ella indossasse e non viceversa. All'Hyatt prese a sedere al solito posto giù nella hall, ordinò un Martini secco senza olive, saldò il conto alla cameriera e attese Jacques estraendo dalla borsetta una delle sue sigarette sottili bianche. Quando arrivò notò il suo taglio di capelli fresco, sentí l'odore di colonia porgendosi per dargli un bacio. Fu felice dei fiordalisi, riconobbe la freschezza dei fiori e guardò per qualche secondo il giovane senza dire niente. Lo guardava con una vispa luce dentro gli occhi. I mesi erano trascorsi in fretta dall'ultima volta che era stata in Francia; non poté fare a meno di notare la camicia bianca inamidata di tintoria, il taglio di seta blu di Prussia del vestito nuovo di boutique e le sue scarpe lustrate.
Presero a sedere al tavolo dell'Hyatt e tennero una conversazione cordiale sui suoi mesi trascorsi lontano da Parigi. Jacques ordinò uno Château Cheval Blanc, lo tennero nel decanter per qualche minuto poi presero a versare nei calici. Il vino sulla punta della lingua ricavava una sensazione vellutata come il tessuto che accarezza, le cui componenti armoniche si posavano in maniera proporzionata sul palato, senza indici di acidità. Bevvero metà della bottiglia e si scrutarono con passione finché Neta non chiese delle altre donne. Fu una domanda abbastanza infelice, che le cambiò l'umore, giacché sapeva del suo stile libertino e Veneziano, per non dire Italiano, ma non per questo avevano smesso di incontrarsi.
Jacques finse una certa indifferenza; con gli occhi la scrutava ancora come prima e non con minore profondità. Accese anch'egli una sigaretta estraendo dalla tasca uno zippo e fu felice dell'odore di benzina che esalava nell'aria arrecando una certa distinzione attorno al tavolo. La gardenia nel taschino superiore della giacca la portava con vanità, era Moulié stesso a sceglierla per lui ogni volta che passava di lì e Jacques faceva in modo che accadesse quotidianamente, con regolarità. Ogni particolare metteva in mostra la sua figura ricamata con orgoglio ed eleganza che presumevano convinzione. Sapeva di possedere il cuore di Neta, arrecando invidia nei confronti degli altri seduttori non meno belli della città, ma meno capaci, traendo enorme soddisfazione da ciò.
C'era stata Christine una Contessa e sua sorella Gloria, poi ancora Annette della tabaccheria e Sofia un' elegante donna di Parigi che si ammaliava degli amori e dei dispiaceri propri abbandonandosi nel vino e nelle avventure notturne, spesso fugaci, con furtivi uomini di cui Jacques palesava il tipo ma non lo stampo. Non poteva nascondere di fatto la sua afflizione, ma lo faceva con dovuta calma. Sapeva che Neta valesse dieci Christine, dieci Annette e venti Sofia ma soffriva la sua stessa vanità, il suo vigore, la sua giovinezza che svecchiava, la sua bellezza che lei portava via da lui lontano chissà dove al termine dei loro incontri. Le donne di Jacques avevano un dolore che portavano intorno agli occhi, lui si definiva un esperto del blu e delle sue gradazioni perciò in estate si recava a Monaco per vedere il mare. Gli occhi di Neta erano un incanto, sì, ma egli non poteva trattenerla con sé malgrado l'amore e la passione sapeva di doverla perdere un giorno o un altro a causa del lavoro di modella che svolgeva via nelle maggiori città; provava sconsolazione.
Neta si alzò dal tavolo, prese il rossetto dalla borsa, segnò un indirizzo su un fazzoletto di carta e lo baciò dolcemente. Era tardi per fare un giro a Montparnasse per vedere le opere di Modí, il treno per l'Europa l'aspettava, ma in fondo era sicura che si sarebbero rivisti.
Neta continuò ad amarlo per anni senza ritrovarsi mai. La vita di Jacques fu invece come segnata da una maledizione, visse decadente come certi poeti continuando ad amarla con segreto, come i quadri che non si possono avere, continuando a sentire spesso il suo profumo tra le vie Parigine voltandosi. Alle varie Annette, Christina, Gloria e Sofia aggiunse con sofferenza altre donne con regolarità di cui spesso dimenticava i nomi.
Giacché cercasse in ogni modo di salvaguardare l'integrità della sua mente dalla vecchiaia prese così a scrivere un libro. Lo terminò quando non fu più nel fiore della gioventù, malgrado il viso dicesse il contrario, si recò in Europa alla ricerca dell'amata, si fermò nei bar delle città sperando che la ritrovasse o che lo facesse lei per lui. Bevve con frenesia e con una attesa che non riusciva a placare sebbene la sensazione di ritrovarla diventasse di volta in volta più pesante e meno speranzosa. Visitò ogni luogo, mostrò la sua foto ai passanti, si imbatté in donne dalle belle vedute senza ricambiare, si perse ritrovandosi più volte avvertendo il peso dell'ansia affondargli il cuore e l'animo, comprò fiordalisi ogni giorno, poi una volta a Napoli si riconobbero.
Non seppe distinguere le lacrime dalla pioggia, disse: "Neta, mia amata", lei gli rispose "non hai smesso di amare il mare".