L’urlo, il riso, il pianto e il lamento parlavano al cuore degli uomini. La parola inascoltata vagava libera nell’universo infinito e mai nessuno poté udire la sua voce.
Poi un giorno un essere, storpio e ribelle, tese una rete a fitte maglie fra il nulla e tutte le cose, imprigionandola per sempre.
Quella bestia maledetta venuta dagli inferi più remoti della caverna di Giuba, scese sulla terra per barattarla con l’anima degli uomini.
Soddisfatta del suo commercio, fece ritorno fra le fiamme ardenti della sua lontana dimora.
Un fastidioso chiacchiericcio avvolse tutto il pianeta, giorno e notte per secoli e secoli, turbando il sonno dei giusti.
Fu così che gli uomini cominciarono a parlare di se stessi e dei loro affari: dichiaravano il loro amore, esprimevano il loro dolore, sfogavano la loro rabbia, il loro rancore.
E poi vennero le leggi, le religioni, i dogmi, fino a poter contare le cose, e ricontarle ancora, e a numerare le stelle e i fiumi e le montagne e i giorni i mesi e gli anni. E la parola fu commercio, più dell’oro, più del sale, più dell’amore e del buon senso; più dell’acqua e più del pane.
E tutto fu giustizia e tutto fu ingiustizia.
Un giorno, un uomo ricco e potente parlò a se stesso: ”sono molto annoiato e triste”, si disse, “quale sarà il motivo di tanta insoddisfazione?” Si mise così a ricercare le cause del suo malessere usando tutte le parole che conosceva e coniandone di nuove, al fine di trovare una salutare risposta alle sue domande.
Parlò per anni e anni con se stesso, fino all’ultimo minuto della sua vita ma nessuna parola rincuorante scaturì dalla sua mente.
L’uomo ricco e potente ordinò così a tutta la sua corte di zittire, per potere assaporare il suo ultimo minuto di silenzio e forse comprendere le parole e le suppliche del suo cuore dimenticato.
Un urlo straziante gelò il sangue nelle vene degli astanti, e subito dopo spirò.
Nessuno comprese, e tutti ritornarono a parlare.
Poi, con il tempo, la parola divenne numero, e il numero “ragione”.
E tutto fu subito follia.
Gianni Tirelli