È una domenica mattina e come mai nella vita prima d’ora decido di andare a fare la spesa. L’ora è ancora propizia, in quanto sono le 8.45 e prima che le orde di famiglie in tuta si precipitino al supermercato, rigorosamente alle 11:00 ora di punta, io starò già sistemando i filetti di merluzzo del Mar Baltico nel mio modesto congelatore. Dai mari del Nord al congelatore di un bilocale in provincia. Che brutta fine per il merluzzo, ma questa come sempre è un’altra storia.
Prima della spesa mi concedo un cappuccio e un cornetto al bar, all’interno.
Io per alcune cose sono un tradizionalista, come ad esempio la colazione. Diciamo che oriento le mie capacità di scelta su cose più importanti. Non che la colazione non lo sia.
Nell’attesa del mio comunissimo cappuccio rimango sconvolto nell’origliare le richieste assurde delle altre persone. Sento chiedere un ristretto macchiato, poi un macchiato senza schiuma. Arriva un terzo che dà un’ultima mazzata alla stima ormai bassa che provo per il genere umano e chiede un cappuccino chiaro. Mentre cerco di dissimulare la mia espressione in viso, che in quel momento potrebbe essere simile a quella di padre Amorth durante un esorcismo, provo a immaginare l’utilità di un ristretto macchiato, forse solo pari al caffè decaffeinato. Forse è un caffè decaffeinato che non ha mai smesso di sognare.
“Non avresti neanche il diritto di prendere un caffè al mio bancone”, penso. E poi la mia mente corre sul macchiato senza schiuma. Qui c’è da ragionare. È un macchiato normale? Perché costui si è sentito in obbligo di specificare “senza schiuma”? Il macchiato schiumato gli farà male? Alla fine penso che sia come un macchiato freddo, ma con latte caldo. Cioè, non un mini cappuccino per intendersi, come considererei un comune caffè macchiato.
Utilizzo le mie ultime energie per ragionare sul cappuccino chiaro. Il cappuccino chiaro sarà con poco caffè? Oppure con una dose di caffè simile al cappuccio che sto aspettando, ma nascosto dal latte schiumato? Cioè, è solo una questione visiva? Perché in tal caso potrebbe trattarsi di una sorta di razzismo. Marocchini e cappucci chiari che si scontrano per avere pari diritti. Ma poi penso che potrebbe essere un cappuccio con poco caffè, una sorta di latte macchiato schiumato ma più piccolo. Bisognerebbe solo chiedere alla Corte Europea di stabilire le percentuali di caffè per dividere il latte macchiato dal cappuccio chiaro. Che pazienza il lavoro del barista. Ma questa di nuovo è un’altra storia.
Nel mentre il mio comunissimo cappuccio arriva.
Inizio a pensare se davvero la scelta del caffè incida così tanto sulle nostre vite. La schiuma calda, il latte freddo, la tazza grande, il caffè lungo, il ristretto, il semi chiaro e il semi scuro. Dovremmo forse fare come Mark Zuckerberg che indossa sempre magliette e pantaloni dello stesso colore per impiegare le sue energie in scelte più importanti?
Ci si accontenta del primo lavoro che si trova, di un fidanzato o fidanzata che non ci siamo scelti ma ci sono capitati, da dieci anni. Ci facciamo andare bene di tutto. Quante volte nell’arco della giornata altre persone decidono per noi? Quante volte rispondiamo che per noi è uguale, a noi va bene tutto quando non é così? Quante volte senza sindacare non alziamo la voce come servirebbe?
Il barista allora diventa il nostro punto di riferimento. Non siamo mai in grado di comunicare al nostro partner cosa non va perché dovrebbe arrivarci da solo, non siamo mai in grado di comunicare ai nostri genitori cosa non va e come vorremmo che fossero nei nostri confronti e loro a volte non sono in grado di comunicarlo a noi, però con il barista siamo così schietti, così esigenti, così diretti. Come se da quel caffè dipendessero le sorti delle nostre vite. Il barista è solo uno sconosciuto, una persona che forse non rivedremo mai più, eppure per pochi minuti tutte le nostre aspettative puntano su di lui e su quel dannato caffè. E ce la prendiamo a morte nel caso in cui il dannato caffè in questione non incontri perfettamente le nostre sofisticate esigenze, perché forse non siamo in grado di pretendere nella nostra vita vera, dal nostro capo, dal nostro partner, dai nostri genitori e dai nostri figli, quello che realmente vorremmo. Il barista capro espiatorio di tutte le nostre insoddisfazioni.
Ritorno alla lista della spesa tracciando mentalmente il percorso che mi separa dal merluzzo del Mar Baltico, riprendo il carrello in mano e dalla cassa sento:
“Un latte macchiato, tiepido, senza schiuma e con poco caffè. Tiepido eh, non freddo!"