Marta si alzò dal letto con l'aria di chi sperava ancora segretamente che questa volta potesse essere diverso.
Ogni volta che, anno dopo anno, arrivava a quel preciso punto del programma, a quella poesia che da ragazza aveva così amato, ebbene, ogni volta confidava in un miracolo.
Per tutta la durata del corso di laurea in Lettere si era immaginata un futuro glorioso, con lei seduta alla cattedra, rispettata ed apprezzata dai suoi meravigliosi studenti per la passione con cui sarebbe riuscita a trasmettere quello che insegnava.
Al conseguimento del suo 110 e lode aveva ipotizzato che la cattedra in questione sarebbe stata ovviamente in un'aula di un liceo classico di Milano. Il Berchet o il Parini, ovviamente.
Quasi a vent'anni di distanza da quella mattina in cui era stata sicura di poter avere il mondo ai suoi piedi, si ritrovava ancora precaria, con uno stipendio che la costringeva a fare la splendida solo a parole e, soprattutto, incarcerata in un Istituto Tecnico.
Interesse medio per la sua materia d'insegnamento: scarso.
Per "I Sepolcri" di Foscolo: nullo.
Senso di fallimento suo: pressoché totale.
Salì le scale sotto il peso del registro, simile per lei a quello della croce che portava Cristo, salendo al Golgota.
Invece dei ladroni, si trovò di fianco lo sguardo compassionevole della sua collega di matematica e quello sprezzante del professore di informatica, l'unico che riusciva a dialogare con quei diciottenni. Se poi parlasse per lo più dell'ultima versione di Call of Duty o dello youtuber più visualizzato del momento non era dato saperlo.
Marta aprì la porta della V C e i suoi studenti le sembrarono tanti soldati, pronti a piantarle i chiodi o a flagellarla.
C'era anche chi giocava (non a dadi come i due soldati raffigurati spesso nei quadri delle crocifissioni) e chi la sbeffeggiava, urlando con voce scomposta: "Noo...La prof!"
Le mancava solo la croce di spine, ma, in effetti, sentiva già un forte cerchio alla testa.
A prima vista sembravano tutti presenti: c'era il cinesino in ultima fila capello tinto biondo, il napoletano che portava ancora i pantaloni con slip firmati in bella vista, il torinese falso e cortese, che non perdeva occasione per farle il verso, la milanese figlia di papà, tutta iphone ultima generazione e unghie laccate, la ragazzina etiope adottata, esperta in masticazione chewingum e poi gli altri...Mattia, Salem, Oscar, Jessica, Giada,un banale Pietro e una classicissima Laura.
Più li osservava, più si chiedeva come avrebbe fatto a far passare quell'ora senza fermare l'impulso di giocare a bocce con le loro teste o farle cozzare l'una contro l'altra per verificarne il contenuto.
Prese a toccarsi la fronte con aria desolata, appoggiò il registro, diede un colpetto di tosse e si sedette direttamente sulla cattedra, accavallando le gambe. Si sporse un po' in avanti e iniziò a muovere nervosamente un piede e a tamburellare con le dita.
Sentì la pancia contrarsi..."Il solito attacco di colite spastica...Accidenti a loro!"pensò.
Se lei, che nella vita si era sempre distinta tanto per impegno, dedizione, senso del sacrificio, si era ridotta così, che fine avrebbero fatto i suoi studenti? Sì, perché per lei i giovani erano tutta un'altra cosa...
"Ragazzi, aprite il libro a pagina 254. Oggi faremo il commento a I Sepolcri di Foscolo."
Sapeva già che sarebbe successo...giusto il tempo di realizzare il significato del termine ed eccoli lì...tutti a far corna e a toccarsi in punti strategici.
"Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno."
Alzò gli occhi e iniziò a spiegare.