“Ma chi voglio prendere in giro? Si vede lontano un chilometro che ho pianto” si disse Paola, con gli occhi lucidi e la punta del naso rossa. Aveva tuffato il viso nell'acqua gelida per tre volte di fila nella speranza di smorzare un po' quel rossore, ma quel trattamento rapido e rinfrescante non aveva sortito l'effetto sperato. Alcune gocce le erano scese lungo gli avambracci verso i gomiti, altre lungo il collo, teso e pallido, ornato solamente da una esile collana d'oro bianco. Si guardava fissa negli occhi, nello specchio davanti a sé vedeva una ragazza fragile e maledettamente troppo emotiva, lo sguardo dritto su quella faccia che non sapeva mentire e che, pur di non dover sempre mostrare se stessa, veniva rinchiusa dietro la solita maschera del 'va tutto bene'. Non c'era niente che andava bene invece ed era più che evidente, occhi gonfi, lacrime a fior di palpebre, respiro affannoso, tutto questo non poteva essere nascosto da nessuna maschera.
Ripensò a quello che aveva scatenato la crisi e sentì ancora il calore crescergli dietro naso e fronte e immediatamente scacciò via quel pensiero con un gesto stizzito della mano.
Rituffò il viso nell'acqua e scosse il capo più volte nel tentativo di allontanare quel malumore.
“Distraiti, pensa ad altro, calmati” si ripeteva da almeno cinque minuti.
“Sei in bagno da una vita, qualcuno si sarà certo accorto della tua assenza, ricomponiti maledizione!” Prese alcune salviette e se le passò energicamente sulle braccia e sul collo, poi tamponò il viso e soffiò vigorosamente il naso.
“Fai pensieri felici” si ripeteva, nemmeno fosse Wendy e dovesse prendere il volo per l'Isola che non c'è. Fece un lungo e profondo respiro fino a riempire i polmoni, poi soffiò via l'aria piano piano, come aveva imparato al corso di Tai Chi, domandandosi come mai fosse ricaduta nella trappola della solitudine. Perché la stronza non si fa sentire quando potrebbe piangere a dirotto nel silenzio della sua casa o sotto la doccia? No, lei gradisce assalirla alla gola quando è in mezzo alla gente e dovrebbe mantenere un contegno quantomeno 'normale', quando quella maschera le serve come l'ossigeno se non di più, perché può anche vivere in apnea, ma non deve mostrarsi fragile.
Lei si alimenta della felicità degli altri, delle famiglie da pubblicità del Mulino Bianco, quindi nutre Paola di sogni infranti sputandole in faccia quello che era e non sarà forse mai più, suggerendo anche che quel 'forse' molto probabilmente è di troppo.
“E' solo un momento, ora passa” si disse “un momento lungo due anni certo, ma comunque un momento.”
Cercò di calmarsi respirando ancora e chiudendo gli occhi, rievocando la forza d'animo che, a volte, riusciva a darle il suo orgoglio.
Sì, era una mamma single, sì suo marito l'aveva lasciata, sì il suo bel sogno di famiglia tradizionale si era frantumato, ma dopotutto cosa le mancava?
Era giovane, era forte e determinata, amava suo figlio e lui stravedeva per lei.
Si disse persino che non era bruttissima, giusto per buttare un po' di benzina su un fuocherello deboluccio.
Non le mancava davvero nulla per poter essere felice, ogni tanto ricadeva nel vortice della tristezza ma stava imparando a tirarsene fuori abbastanza bene.
E' solo che alcune volte vedere la 'normalità' intorno a lei le faceva perdere un po' la bussola, il punto cardinale su cui puntava era la serenità, ma in determinati momenti della sua vita, spinta da venti di sconforto, il suo orientamento emotivo oscillava tra solitudine e insoddisfazione.
Sempre più spesso, però, bastava darle una scrollata così da rimetterla sulla strada giusta, così Paola scosse velocemente il capo, rimise gli occhiali sul naso (un po' meno rosso) e ritornò ad affrontare il mondo senza dimenticare, però, di rimettersi la maschera.