Un’altra slot nuova nuovissima, luccicante e pronta per essere provata.
È tutto chiuso la domenica mattina, meno che i posti dove perdere i propri soldi. Non resisto, la casa è vuota di anime e non vale la pena stare qui a fissare il muro biancastro. Non senza qualche sostanza magica, almeno.
Esco per le strade della città, deserte come nei film apocalittici. I negozi tutti chiusi, le macchine tutte spente, le finestre tutte sbarrate. Sembra di stare, di stare…
Accendo una sigaretta sull’incrocio tra il teatro e la via pedonale, vuota di qualsivoglia esistenza. Guardo la strada e lei sembra guardare me con tono di sfida. Imbocco la via spaesato, non ricordo mai cosa aspettarmi, mentre la sigaretta continua a bruciare il mio animo. Un bar, unico locale aperto nel raggio di chissà quanti chilometri, forse venti e magari anche di più. Entro ed è vuoto, meno il barista, imbronciato. Mi lancia un’occhiata panoramica dal basso verso l’alto, accenna un sorriso forzato e:
«Buongiorno, posso esserle utile?»
Indico col dito il panino già pronto sul bancone, me lo dà e vado a sedermi nel tavolino in fondo. Accanto una slot machine nuova, nuovissima. La fisso mentre mangio il panino: in combutta con me stesso, lascio il panino sul tavolo e vado davanti a lei.
Inserisco una moneta, percepisco il barista osservarmi, chissà cosa vuole e se vuole qualcosa. Premo il pulsante START, nello schermo della slot varie immagini si susseguono sulle cinque colonne. Una stupida canzoncina accompagna il susseguirsi delle immaginette.
«Buona fortuna, eh.»
Mi volto a guardarlo e lui è tornato a smanettare col suo cellulare. Alzo in alto lo sguardo, la slot continua a fare il suo lavoro, chissà per quanto ne ha ancora. Guardo l’ora, le undici del mattino. Troppo tardi per iniziare qualsiasi cosa, troppo presto per andare ovunque nel mondo.
«Grazie», esce smorzato dalla mia bocca. Torno a mangiare quel panino, non capisco cosa ci sia dentro; la slot sta per fermarsi, il suono è più lento.