Avevamo il rum bianco e non sapevamo come mescolarlo. Io e A. Lo bevemmo subito, liscio, senza troppi complimenti. Sapevamo che era una cattiva idea, per questo ci piaceva. Ne bevemmo tre di fila, per scaladarci. Non era male, era invecchiato bene, Dio solo sa come. Avevamo le arance, ogni tanto ne mandavamo giù un pezzo per togliere il senso di nausea alla stomaco e alleviare il sapore alla bocca. Maledetti cubani, pensai. Mi chiedevo come facessero a berlo, ma era l'unica cosa che avevamo, perciò ne facemmo virtù.
Vinsi un po' di soldi con un gioco di cui ancora non ho ben chiare in mente le regole. Presi il banco e scesi in strada. Era deserto, a parte qualche bar aperto e qualche ubriacone che si vedeva dall'altro lato della strada. Entrai in un posto malaticcio, l'aria puzzava di sigaro, così maledii di nuovo i cubani. Chiesi al barista le bottiglie in dispensa; mi presentò un gin dall'aspetto malandato, "Milord" disse lui. Uscii senza dire niente, il barista fece un cenno con gli occhi. Fuori dei polacchi litigavano con una donna, parlavano di soldi, maledii anche loro. Più avanti il campanile era al solito posto ed era solo come l'avevano lasciato, stupido nel complesso, con gli addobbi di Natale attorno. Di anni ne aveva visti abbastanza, e un po' mi dispiaceva, era l'unico monumento della città, ma forse lo meritavamo. Incrociai un altro bar dove potei finalmente comprare del gin, presi anche una bottiglia di amaro, erano entrambe di fascia media e perciò bisognava berle col ghiaccio.
Quando fui di nuovo alla festa sperai di trovare il rum dove lo avevo lasciato, fui felice di ritrovarlo, ma non lo fui della gente che pareva cordiale, io non lo ero, perciò cominciai a sparpagliare i bicchieri sul tavolo per sentirmi meno in colpa. Me me ne ero fregato dell'acqua tonica.
Cominciarono a bere il gin, la musica fu più alta. Al tavolo sedeva una bionda con gli occhi grandi, scioglieva i capelli in una mano mentre piangeva nel palmo dell'altra. Le chiesi perché, disse che dovevo lasciarla in pace. Le diedi il mio bicchiere, lo prese senza dire niente. Uscii fuori a fumare con A., bevemmo l'amaro a sorsate e rapidamente senza badare agli altri, mentre la notte ci diceva chi fossimo e cosa pensassimo a quell'ora, scura com'era.
Quando fummo abbastanza soli, la bionda si avvicinò e chiese perché fossi così triste, le dissi che era per il troppo bere. Chiese se fosse per questo che le avevo passato il bicchiere; risposi di sì, ma dovetti concentrarmi senza pensare a quanto fosse stupido. "Sei pazzo", aggiunse, "puoi scommetterci", risposi. Sapevo che le donne costavano troppo, avevo sempre alla mente una ragazza, speravo che cominciasse a piovere da un momento all'altro.
Il cielo era terso e grigio di umidità, poi portò l'odore di pioggia e una strana sensazione.