Una delle esperienze più schifose della mia vita è senza dubbio stata quella serie di confessioni al prete prima della prima comunione e della cresima, cresima che ho dovuto subire, ma con la promessa ottenuta dai miei genitori che dopo quella sarei stata libera da ogni obbligo legato alla Chiesa. Confessioni forzate in quel confessionale di legno vecchissimo, lurido, quella grata tra i due visi dove tutti sputacchiavano i loro miseri segreti, lasciandola in uno stato a metà tra l'ossidazione e l'accumulo di materia organica marcia.
Quella fu la mia vera iniziazione ai riti personali di evitamento delle superfici comuni agli altri esseri umani.
Insieme agli autogrill nel viaggio verso e dal mare nelle vacanze estive.
Amo le porte e le ante basculanti, tutto ciò che posso aprire e chiudere con un piede o, se proprio devo, con un gomito, amo il sapone e le mani ruvide per i frequenti lavaggi.
E le tonache mi fanno schifo praticamente da sempre.
Non è proprio germofobia la mia, è davvero schifo, più o meno avvertito a seconda delle situazioni, dei luoghi.
Non ho avuto problemi con il sesso, naturalmente alle mie condizioni, ma non posso certo negare di aver tenuto comportamenti a rischio da giovane. Però, bagno e doccia sono sempre stati il mio primo pensiero del dopo e il mio primo atto una volta a casa.
I pomeriggi di shopping a Milano, per esempio, erano un misto di allegria, fatica e il vero e proprio fastidio causato dal dover prendere la metro e magari stare seduta su superfici dove si sedeva praticamente il mondo ogni giorno, di agganciare le barre di sicurezza con un braccio intero o attorcigliarci mezza gamba pur di non doverle afferrare con le mani; le maniglie dei negozi mi erano quasi tutte abbastanza indifferenti perché, evviva, grazie ai cardini le potevo spingerle sia per entrare che per uscire usando davvero qualsiasi parte del corpo senza toccarle.
Mia zia adorava Corso Buenos Aires in particolare, a me piaceva stare in Galleria, lei riusciva a farmi fare un tour di quasi tutti i negozi del centro in un solo pomeriggio.
Sosta in un bar, il bicchiere, la tazzina, controlla bene che siano puliti, se prendi un caffè bevi in un punto dove in genere in pochi berrebbero, a metà tra un destrorso e un mancino...
E durante tutto il viaggio di ritorno a casa, pensare a quando mi sarei potuta finalmente lavare le mani e poi fare un bagno, con quei capelli lunghi che raccoglievano lo smog della città, ed erano solo gli anni ottanta.
In tutta la mia vita, credo di aver preso il raffreddore forse meno di dieci volte, ho sempre le mani screpolate ma non mi importa, devo sentire che sono pulite, devo sapere di aver tolto da me quanto più possibile di ogni altra particella umana.
Lavoro, esco, prendo (prendevo) aperitivi, baci, abbracci, animali, nessun problema, ma questo bisogno di togliermi di dosso l'altro è molto forte, dopo due ore al massimo di socializzazione, mi devo pulire.
Tornando alle confessioni, al prete e alle tonache sì, il mio tono è dispregiativo e lo è in maniera spontanea, non ci sarebbe stato bisogno affatto di un confessionale sudicio per esserne disgustata, lo ero sin dalle visite di Pasqua, quelle per la bustina coi soldi. Sapevo ch'era tutto falso, un'impalcatura a sostenere il nulla, solo orribili favole di morti ammazzati, donne abusate, incesti e gente appesa a dei pali con dei chiodi, tra raccomandazioni e minacce di castighi vari e un tizio, una specie di guardone con la barba che da sopra le nuvole voleva spiare cosa facessi quand'ero sola mentre gli adulti dicevano e facevano di tutto anche in mia presenza...
E ora questo, un virus primo della classe, quello che mette in ginocchio il mondo senza pretendere di essere adorato, che non guarda in faccia nessuno, che non vuole guardare cosa facciamo con le nostre parti intime, non gli frega un cazzo di come siamo fatti o da dove veniamo o chi o cosa ci si possa mettere a pregare.
Ed ecco che per un momento, un solo momento di debolezza, ho sentito una strana specie di soddisfazione, uno stupido momento di delirio da superiorità perché io già sapevo come comportarmi, cosa evitare. Ero pronta, avevo da sempre cibo e scorte in casa, i saponi, i disinfettanti, perfino dei guanti in poliuretano.
E già sapevo che nessun dio avrebbe mosso un dito per l'umanità, non uno tra tutti quei tremila che sono stati inventati dall'età del fuoco a oggi.
Io sono nata immune al virus più deleterio, quello delle tonache e delle superstizioni. Morirò come tutti, per qualcosa o per caso, ma libera e con la mia, la mia, coscienza a posto.
Bla Bla Bla, Bla Bla, Bla Bla...