Un solo attimo,
col tempo che ha preso con sé
i giorni utili
&
tutto quanto potesse portar via.
Un solo attimo,
per guardarsi e non riconoscersi,
per ritrovarsi amandosi ancora.
Fantasticando ho perduto
il ritmo sovrano,
si propaga,
perde il controllo,
accende di peccato il mio cervello.
Danza d'estate.
Abbiamo un paio di braccia,
ma i ricordi non li puoi afferrare.
Puoi invece portarli a letto con te
la sera,
e tenere la finestra aperta
su ciò che era stato
senza lasciarti inghiottire.
Oppure puoi lasciarli andare,
e al mattino vederli svegli
insieme a te
col sole che accarezza la stanza,
un giorno nuovo;
un attimo prima
di tornare a dimenticare.
Non sarai in nessuno di quei posti,
e con nessuna di quelle persone.
Hai un tetto sopra la testa,
se sei abbastanza fortunato;
e un angolo di cielo per poter pensare.
Avrai la pioggia,
nel migliore dei casi,
ti sentirai meno solo
certe sere.
Ci saranno i libri
con le parole giuste
e i vecchi dischi
fluttueranno per la stanza.
Ricorderai e forse tremerai
per quell'attimo di pioggia,
o il respiro di donna
che ti spezza il fiato.
Al bar con te non badavo ai tavolini
neppure alle cameriere,
non sentivo il rumore dei bicchieri
né il tintinnio della campanella;
non udivo le voci,
né se fuori piovesse.
Se per caso entrava una bella ragazza
non mi voltavo a guardarla.
Non sapevo che ore fossero,
nemmeno quando sarebbe stato giusto
rientrare a casa.
Non avevo sonno,
avevo sete, caldo, freddo e fame tutt'assieme,
con te.
Se domani
andassimo al mare
sarebbe proprio una bella giornata.
Saresti bellissima con quel costume rosso
e la pelle appena scottata.
Se domani i nostri ricordi potessero
riaffiorare
forse torneremo,
sapendoci distanti
ma sempre amanti.
Se domani
ci vedessimo
e prendessimo l'aperitivo al tramonto,
finiremo per scolarci l'intera bottiglia
e poi faremo l'amore:
In macchina,
con la sera che cala
e poi la notte,
con le luci delle auto di passaggio
e la nostra musica tra i silenzi.
Sipario,
ultimo attimo di libera vita.
Confluire, d'accordo come la primula rossa
d'estate,
nel lento declino.
Soave sul tuo viso
l'abbraccio e l'abbandono.
Andiamo e veniamo nel mar d'inverno
come il pescatore e la lenza
tesi nel conflitto del mare,
sulle onde.
Al mondo non ci sono nato.
Ho imparato,
parlando una lingua sconosciuta
e altre imparerò viaggiando.
Non sarò padre,
avventuriero o straniero.
Privo di parola
riduco i miei sbagli
in silenzi.
Mi accorgo dell'ultima ora e
dell'ultimo momento.
Guarda quella ragazza dietro l'angolo
con la bottiglia di birra in mano
e il vento tra i capelli.
Che diavolo di occhi!
Aspetto il condono del suo sorriso,
e i denti che azzannano la carne
e che mi strappi da dentro i ricordi.
Dio benedica
gli ubriachi e gli scrittori.
I poeti giovino del chiaro di luna,
all'angolo della strada…
Che Diavolo di occhi aveva quella sera,
con quella bocca tutto dire
e fare che non gesticolava neppure una parola
senza cadere in contraddizione.
Quanto caro era il conto,
mentre scorgevo segnali d'amore,
& l'ultimo bengala sparato in mare
con la barca che affonda.
Non aveva forse ricevuto in grazia
lo spirito della retorica?!
Non ho udito alcun luogo comune.
E guardala mentre si china a prendere
una sigaretta dalla borsa,
non servono parole con
quelle labbra sottili appena scarlatte
e quegli occhi taglienti
che vorrei baciare.
La guardo,
e penso al diavolo di posto strano che è il mondo.
Senza fretta,
abbandoniamoci nella pioggia leggera.
L'eco di brina ha svegliato i ricordi,
l'inverno, la stagione delle foglie morte.
L'atto si consuma in sé come
la pioggia radente
stende al suolo
lamine plumbee
che
tornano alla roccia e al principio.
La terra che muove le cose
per rinascere,
aspettando il sole nuovo
bagnato in essa.
E torna, sul finir dell'estate
nella sua inesplicabile bellezza.