Quel tipo era insolito. Ormai non vi erano più dubbi.
Già lo aveva pensato tantissimi anni prima, quando la vita li aveva fatti inaspettatamente incontrare.
Lui le aveva mostrato il suo biglietto da visita durante l'incontro di lavoro.
Lei nel riconoscere un nome del passato, cercando di ritrovare in quel viso qualcosa di noto, gli aveva chiesto incredula: "Roberto Parodi? Sono stata in classe 3 anni con un Roberto Parodi, al liceo nella sezione F... sei tu?"
"emh... non ricordo, ma se ti riferisci agli ultimi tre anni del Pertini, allora sì... sono io", e con la stessa indecifrabile freddezza aveva proseguito come se nulla fosse, senza che quel fortuito incontro li riavvicinasse.
Accidenti che tipo strano, aveva pensato lei.
Che fosse davvero un tipo insolito ne aveva avuto la certezza la terza volta che si erano incontrati, circa vent'anni dopo; non la seconda, di cui ricordava solo un gran sorriso sopra alla capigliatura un po' stempiata, ma proprio la terza, in cui indossava scarpe stringate dalla forma classica, realizzate in una variopinta tela che riproduceva tantissimi fiori colorati. A dir poco originali, come colui che le portava a spasso per il centro città.
Durante le passeggiate era attratto dalle cose più variegate.
Accarezzare ogni cane che incontrasse sul suo cammino, di qualsiasi taglia, era la cosa più ovvia, e probabilmente poteva esserlo anche per altri animalisti convinti, ma fermarsi davanti a un passeggino rosso a studiarne i particolari della gomma e del tessuto consunti, mentre un'ignara signora vi riponeva il suo bimbo, non era proprio da tutti, così come era originale restare incantato davanti a un giornalaio a osservare per cinque minuti la copertina di una rivista shabby, che proponeva l'ultima cucina alla moda, o ammirare le golose delizie di una pasticceria, da cui passava e ripassava, senza mai entrare a farne acquisto.
Non fumava, non giocava, non andava a donne.
In compenso lavorava e beveva. Beveva e lavorava.
No, no, nulla di alcolico! Bastava un bicchiere di vino per mandargli la testa nel pallone e trasformare quell'iniziale e piacevole sensazione di euforia in un pesante macigno, che gli ottenebrava la testa e lo innervosiva durante il lavoro pomeridiano.
Beveva solo caffè e macaccino, macaccino e caffè.
Non si tratta di un errore di ortografia, ma di una "deliziosa combinazione di polvere di cacao, maca e xilitolo, che stimola e dà energia senza le controindicazioni del caffè", come era riportato sulla confezione.
Vada per il cacao e lo xilitolo, che di qui o di là tutti conosciamo, ma la "maca"? che fosse proprio quello l'alimento che alimentava l'originalità del suddetto soggetto?
Chattava anche. E telefonava molto. Moltissimo.
Lo smartphone era diventato il prolungamento della sua mano sinistra, un tutt'uno da cui, anche avendolo desiderato, non si poteva proprio staccare. Usava lo smartphone in ufficio, in auto, in ascensore, in bagno, sempre connesso, ovunque si trovasse.
Quella sera lei lo aspettavano alla festa dei 30 anni dalla fine del liceo.
"Arriverò poco più tardi", aveva chattato. Poi più nulla, il silenzio.
Non si presentò, nè diede mai più notizie.
Lei non ne rimase sorpresa. Quel tipo era davvero insolito. E ormai non vi erano più dubbi.