5 del mattino, una strada qualunque di una città qualunque, pioggia per strada e disillusione sui nostri vestiti. Le percussioni di una canzone Techno uscivano fino a fuori dal locale nel quale eravamo appena stati, quasi a voler continuare a dare un ritmo alla vita delle persone, anche fuori dal locale, anche durante la loro vita, qualunque essa fosse.
Le maniche della tua felpa arrivavano oltre a quelli che sono i tuoi polsi, lasciando al mondo la possibilità di vedere esclusivamente le tue dita, smaltate di rosa, quasi a volerti far sembrare più dolce e più ingenua rispetto a ciò che veramente eri, cinica, scura, apatica, tranne che con me. C'era qualcosa che ci univa, non ci eravamo mai chiesti cosa, non ne avevamo mai discusso, ma entrambi sapevamo che c'era un sottilissimo filo guida che ci legava l'un con l'altro, a vicenda, come se costantemente uno fosse la direzione e l'ispirazione dell'altro, rimanendo incollati magneticamente.
I lampioni permettevano di scorgere cosa succedeva dentro ai piccoli appartamenti delle case appena sopra al locale, così avevamo per un attimo provato empatia e dispiacere per quell'anziana sola al secondo piano, intenta a riguardare vecchi film western, e provando forse un po’ d'invidia invece per quella coppia del terzo piano che a quanto pare si era accorta quanto bello fosse appoggiare la schiena di uno dei due sull'armadio premendo con forza, il tutto documentato da piccoli gemiti, quasi trattenuti. Avevi una piccola busta di plastica in tasca, ne avevi preso qualcosa da dentro e successivamente messo in bocca, dicendo di aver semplicemente bisogno di un po’ di dolcezza, saltandomi sulle spalle qualche secondo dopo e chiedendomi di portarti così fino alla macchina, che ti piaceva sentire i miei capelli sulle tue guance mentre ti ci strofinavi sopra sostenendo avessi “lavorato” tutta la sera, giustificando la tua stanchezza.
Arrivammo vicino alla macchina, ti aiutai a sederti, mi misi al posto di guida, misi la cintura, ti misi la cintura. Poi le chiavi, freno a mano, frizione, rilascio di essa, con la quale di conseguenza i nostri corpi cominciarono a muoversi trasportati da un movimento meccanico, sempre più comune tra gli esseri umani.
Raccontavi di come il cielo fosse più scuro del solito, mettendomi le mani in viso convincendomi a guardarlo, mentre ti tentavo di spiegare come io stessi guidando e fosse meglio io non levassi gli occhi dalla strada. Il tuo smalto rosa era più presente dell'asfalto nei miei occhi e il fatto che la tua bocca fosse sui miei pantaloni complicava il tutto. Cominciai a vedere solo il rosa delle tue mani. Poi sentii un vuoto sotto al mio corpo, solamente un secondo prima di vedere la mia macchina fluttuare nel nulla dopo aver tirato dritto in una curva.
Non ricordo l'impatto, non ricordo quali ossa mi si ruppero, non ricordo che canzone ci fosse, non ricordo in che marcia fosse la macchina.
Ricordo soltanto il tuo viso un secondo prima di schiantarci, con in sfondo la sfilza di alberi che da lì a pochi millesimi di secondo ci avrebbe dato la morte.