Un tempo di tanto tempo fa..
una giacca di un gran tessuto pregiato e con tanti bottoni dorati, durante la sua quotidiana e serena passeggiata in compagnia del suo amico sigaro, vide sulla strada una tuta blu tutta stracciata e piena di buchi.
Essa era seduta a terra, con le spalle riverse su un cancello di una fabbrica appena chiusa e aveva il viso tutto rigato dalle lacrime.
Era disperata e chiedeva aiuto!
Necessitava al più presto di un po' di tessuto per riparare i propri strappi - l'inverno era alle porte e sarebbe morta sicuramente dal freddo.
L’elegante e sensibile giacca si commosse e cercò in tutti i modi di aiutare la povera tuta.
Parlò con i cappotti, parlò con gli abiti, parlò persino con i papillon.
Tutti annuirono con tristezza, tutti furono solidali e tutti a loro volta parlarono con altri.
Tutti quanti narrarono e decantarono il proprio conforto nei confronti della sfortunata tuta:
“dobbiamo aiutarla!”, si udì per strada, “non possiamo lasciarla in questo stato...”, disse ancora qualcuno a gran voce!
Così nei giorni seguenti, di gran fretta e con l’ansia in poppa, si organizzarono e si fissarono delle riunioni, delle tavole rotonde e dei dibattiti.
Si fecero dei proclami e si chiese ai quattro venti di portare quest’ultimi il più lontano possibile.
La triste vicenda arrivò persino nelle grandi città e all’interno dei palazzi più sfarzosi ed eleganti.
I grammofoni abbassarono il volume in segno di rispetto e le danze si interruppero per riguardo.
Le fasce tricolori, le coccarde e i cilindri si sentirono in dovere anch'essi di scendere in piazza e cercare una soluzione.
E i doppipetti al seguito, scendendo dalle proprie auto blu, dichiararono alla stampa: “siamo fortemente rammaricati e nutriamo grande apprensione per la triste storia. Cercheremo quanto prima una soluzione”
Tutti dovevano sapere e tutti dovevano essere responsabilizzati - la tuta blu doveva essere salvata a tutti i costi!
Il lunedì chiamò l'amico martedì, che a sua volta venne con a fianco il mercoledì - Ottobre arrivò, dietro esso Novembre e con al seguito Dicembre - gli abeti si illuminarono e i costumi si barricarono nei cassetti.
Si fece un gran parlare, si parlò così tanto, ma talmente tanto, che l'Inverno un bel dì arrivò in strada e, vedendo la povera tuta agonizzante in terra, non poté fare altro che darle un grande abbraccio col suo soffice mantello bianco - l’ultimo che la miserabile tuta ricevette nel corso della sua triste esistenza.
Il freddo penetrò nella tuta - le lacrime si fermarono e la rassegnazione tagliò il traguardo.
La tuta, tra i tanti buchi e i molteplici strappi, oramai congelata, chiuse gli occhi e si addormentò per sempre.
Un sonno eterno e divino.
Attorno ad essa, la giacca, i cappotti, gli abiti, i papillon, i doppipetti, i cilindri, le fasce tricolori e le coccarde - tutti visibilmente commossi, e tutti rigorosamente senza alcun buco o strappo.
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Ah, dimenticavo…. i grammofoni e le danze dopo tre giorni dal lutto ripresero a suonare e a danzare.
Bernardo Panzeca