C’era una volta….
un bel mazzo di chiavi appeso a una gran bella serratura bronzata. Quest’ultima impreziosiva una imponente porta di legno massello, tutta intarsiata e con la maniglia di ottone.
Il mazzo di chiavi nel tempo, come capita a tutte le famiglie, era cresciuto e si era ampliato.
C’era la chiave della porta, il capofamiglia, e la chiave della cantina, la madre.
Poi c’era la chiave dell’auto, il figlio maggiore, e la chiave della cassetta postale, la figlia minore.
Tutti assieme formavano una gran bella e unita famiglia – da sempre essa viveva felice e da sempre non aveva mai avuto grattacapi.
Ma come accade in tutte le famiglie, un bel dì il problema bussò alla porta: la figlia minore, inserendosi nella serratura della cassetta postale, nel modo di aprire quest’ultima si piegò in due – che gran dolore che ebbe mamma chiave!
Il fratello maggiore, subito e di gran fretta, accendendo l’auto e partendo a razzo, portò la dolorante sorella presso l’ospedale più vicino. La ferramenta del paese.
Il vecchio e rugoso fabbro, vedendo la complicata situazione, con maestria e grande sagacia optò per l’intervento immediato. E chiamata d’urgenza la pinza si riuscì, con qualche dolore e qualche urlo, a raddrizzare la storia. Anzi, la chiave.
La vita scorreva normalmente, ma come tutti sappiamo felicità e ansia da sempre sono state grandi amiche, e così… altro toc toc: un nuovo problema bussò alla porta.
Papà chiave si accorse che il figlio non era più nel mazzo – perbacco si era perso! Mamma chiave scoppiò in lacrime e assieme a essa la figlia. “Che disgrazia, che sventura!”, urlarono in coro tutti quanti. “Un incidente, un rapimento, che sarà stato mai?”, continuarono papà e mamma.
La nonna, la gran porta di legno massello, equilibrata e sensata come sempre predicò calma e… tintinnio freddo. “Le urla e le lacrime non sono mai servite a nulla”, disse la saggia nonna, ”adesso aspettiamo chiedendo aiuto alla speranza”, continuò quest’ultima. E la speranza, ogni qualvolta riceveva una richiesta di aiuto, chiamava a gran voce la fede.
Ed ecco che come per magia anche quel giorno queste ultime, fede e speranza, invocate con amore e sincerità compirono il miracolo: il cugino campanello ricevendo la notizia che la chiave dell’auto era stata ritrovata non tardò a drindrinnare a più non posso e ad avvisare tutta la famiglia che il loro figliolo da lì a breve si sarebbe nuovamente riunito ad essa.
Che gran sospiro di sollievo tirarono tutti quanti, un’altra tragedia respinta fuori dall’uscio di casa con mamma chiave felice di riabbracciare il proprio figlio e nonna porta a ringraziare il cielo.
Il tempo trascorreva in fretta, anzi a dirla tutta correva a più non posso, e assieme ad esso i suoi bravi figlioli – i secondi, i minuti e le ore. Tutti assieme da sempre andavano spediti, chi più veloce chi meno veloce, e da sempre non si erano mai fermati né per riposare né per guardare indietro.
“La vita va vissuta in avanti e non indietro”, ripeteva ogni volta papà tempo.
E infatti il calendario, grande amico d’infanzia del tempo, si apprestò in fretta a far il cambio di stagione – rinnovò i suoi fogli riponendo i vecchi tutti quanti nel cestino.
L’anziana nonna, la vecchia porta di legno massello, oramai aveva perso la tutta la sua lucentezza ed era piena di crepe, nodi, screpolature e tante lacrime di resina rigavano il suo viso. Pensava sempre al marito e non vedeva l’ora di riabbracciarlo: il portone dirimpetto, andato a fuoco tanti anni prima durante un improvviso e casuale incendio.
Nel frattempo anche i vecchi proprietari di casa erano morti e la casa era in vendita. Papà chiave e mamma chiave erano avanti con gli anni ed entrambi erano, ahimè, ossidati e con le punte tutte arrotondate.
I figli, la chiave dell’auto e la chiave della cassetta postale, erano anch’essi cresciuti e si erano formati a loro volta una famiglia.
Il primo, il figlio maggiore, dopo l’acquisto dell’auto da parte di nuovi proprietari era entrato a far parte di un altro mazzo e lì aveva conosciuto una bella e colorata chiave, la chiave del ciclomotore. Si erano innamorati perdutamente e avevano dato alla luce una gran bella bambina: la chiave del lucchetto.
La sorella, altresì la chiave della cassetta postale, dopo che il capo condomino aveva sostituito tutte le buche delle lettere con delle nuove si era ritrovata in un cassetto e aveva deciso di rimanerci. Era in compagnia di tante altre chiavi e si trovava bene.
Arrivò il giorno in cui la casa fu venduta e i nuovi proprietari, una giovane e allegra coppia, diedero inizio alla ristrutturazione. Nonna porta fu la prima ad andarsene e a lasciare un gran ricordo, soprattutto una grande saggezza. Arrivò anche il tempo di papà chiave e mamma chiave. Morirono assieme, dentro una pattumiera, ma abbracciati e innamorati come sempre avevano fatto.
Sugli spalti, sempre di gran corsa ad osservare impotenti e malinconici, il tempo e i suoi bravi figlioli.
I secondi i minuti e le ore.
Bernardo Panzeca