Il bambino con l’acquolina in bocca rovistò la tasca per prendere le due bombe, poi posò di nuovo lo sguardo sulla torta e si fermò di colpo. Dopo un interminabile attimo di totale panico esclamò:
“Cavolo, noo!”
Sopra la torta c’era un due.
Niente candeline classiche. Solo un due di cera con lo stoppino sulla gobba.
L’età non è un numero, pensò fra la rabbia Caio.
L’età è una conseguenza di tanti numeri uno che ci accompagna tutta la vita. Tutti a volerne collezionare il più possibile di questi uno.
In ogni caso il loro piano era andato in fumo. Preso dallo sconforto uscì deluso dalla camera della torta ancora con i petardi in mano.
Suo fratello era il centro dell’universo quel giorno. Tutti a sbaciucchiarlo e a dire quanto assomigliasse un po’ alla mamma e un po’ al papà. Tutti per lui.
Il posacenere era troppo in alto, appoggiato sull'ultimo ripiano della credenza.
Non ne vedeva il contenuto ma si accorse del filo di fumo, dritto come un fuso, che si alzava verso il soffitto.
Cercò Nora con gli occhi. Non la trovò. Aveva poco tempo. Pochi secondi, forse un minuto, prima che quella cicca spenta male si spegnesse di suo conto.
La confusione fu la sua più importante alleata. Si avvicinò alla sedia più vicina e cominciò a spingerla verso la credenza.
Il filo di fumo si era fatto più sottile e discontinuo.
Si arrampicò sulla sedia, si alzò in piedi e raggiunse il posacenere. Solo una piccola luce continuava stoica ad ardere fra il nero della cicca semi-spenta e schiacciata sul fondo. Prese il primo petardo e accostò la miccia a quella flebile luce.
Dopo un tempo incalcolabile nella sua breve durata, scintille incandescenti cominciarono a scoppiettare attorno alla miccia che cominciò ad accorciarsi con una velocità tale da mandare il piccolo dinamitardo nel panico. Si voltò di scatto e, nonostante il terrore che il petardo gli scoppiasse in mano, cercò il suo obbiettivo come uno spietato Killer.
Abele, seduto comodo sul suo seggiolone, sorrideva gaio e sereno attorniato da uno stuolo di cuginetti e vecchie zie.
Caio lanciò sul mucchio.
Il petardo, dopo una breve parabola, scoppiò a mezz'aria, giusto vicino all'orecchio destro della vecchia zia Cornelia, zitella di lungo corso.
Il botto, incredibilmente forte, fece stramazzare la vecchia all'istante.
Non morì. Grazie al suo cuore forte. Forte come solo un cuore che non si è mai innamorato può essere.
*
Al terzo tentativo, quasi ci riuscirono.
Il giorno dopo.
Nora e Caio erano in castigo. Non avevano voluto dire dove avevano preso i petardi, anzi continuarono ad asserire che li avevano trovati alla festa. Sopra il tavolino del salotto.
Abele stava poppando felice la tetta sinistra della mamma seduta in poltrona, mentre loro erano immobili sul divano, senza TV e giochi.
Esausta dalla poppata, la donna si alzò per andare in bagno, non prima di aver adagiato Abele sulla poltrona, comodo e sicuro.
Avviandosi, la matrigna di Nora raccomandò alla coppia di canaglie di dare un’occhiata al piccolo.
I due si guardano e cominciano a elaborare all'istante un piano d’attacco. Non arrivavano idee. Nessuna illuminazione nelle loro piccole menti criminali. Solo un gorgoglio arrivò alle loro orecchie, un suono strano. Sembra quello strano rumore che fa il lavello della cucina di mamma quand'è intasato… ma questo rumore viene dalla poltrona e non dalla cucina.
Il piccolo ingordo se la passa male, pensò Caio. Ed era lo stesso pensiero di Nora.
Entrambi guardarono il fratellino, il gorgoglio era diventato un rantolo.
I due scesero dal divano evadendo al loro castigo e si avvicinarono al bambino il cui visino aveva assunto un preoccupante color viola.
Nora girò il bebè di schiena con la stessa grazia con cui butta la sua bambola di pezza quando qualcosa di più interessante la attrae.
Caio sferrò un bel paio di colpi sulla schiena del fratellastro con la stessa forza con cui distrugge un maledetto missile di lego che non viene come vuole lui.
Abele buttò fuori tutto quello che gli impediva di respirare e attaccò a piangere e strillare.
Nessuno dei due discoli emise parola, ma il loro fu un pensiero comune.
Maledetto moccioso.
fine