LA TELEFONATA
racconto
di
Michele Pingitore
Fino alla fine non riuscì a comprendere perché quello che accade, accade proprio a lui. Un mistero inspiegabile e un destino beffardo il suo. Perché il fato, il destino o come lo si vuole chiamare, si era impuntato proprio verso di lui? Cosa aveva fatto di male per meritarsi una cosa simile? Peccati di gioventù? Peccati e colpe recondite di cui lui stesso ignorava l’esistenza?
Era un semplice impiegato e tra due anni sarebbe andato in pensione. Scapolo, non aveva né parenti e né amici da frequentare. Tutto il suo vivere era: casa ufficio, ufficio casa. Aveva speso tutta la sua esistenza nella burocrazia di cui era un perfetto e responsabile addetto! Esemplare per tutto le mansioni svolte negli anni. Modello per le future generazioni con il suo impegno e costanza verso il proprio lavoro. Invece di essere premiato per tutto ciò, qualcuno aveva invece voluto burlarsi di lui, conferendogli quel colpo basso e facendolo piombare nella disperazione. Ad ogni modo, come la si vuole interpretare questa storia, bisogna tenere presente i fatti. E i fatti parlano chiaro. Burla o rivelazione in questi termini sono solo secondari.
Tutto ebbe inizio nel cuore di una notte d'inverno, quando all'improvviso suonò il telefono in casa sua. Quegli squilli squarciarono il silenzio immobile della notte, destandolo nel buio della sua stanza nel letto dove dormiva, in quella casa in cui viveva da solo da sempre. Prima di alzarsi per andare a rispondere, assonnato perché si era appena svegliato di soprassalto dal quel suono cosi possente, pensò che si trattasse di uno sbaglio. Chi poteva chiamarlo a quell’ora insolita? Lui riceveva già raramente telefonate durante il giorno quando rientrava dal lavoro. Chi mai l’avrebbe potuto chiamarlo a quell’ora insolita? Il telefono di notte, prima di allora non aveva mai suonato prima. Non era mai successo.
Poiché continuava a squillare e ogni squillo sembrava diventare più forte di quello precedente, decise di alzarsi per andare a rispondere. Altrimenti avrebbe svegliato tutto il condominio in cui abitava.
Una volta alzata la cornetta per mettere fine a quel bombardamento di squilli nel silenzio della notte, pronunciò una sola parola con la bocca ancora quasi addormentata: - Pronto! -
In un primo momento nessuno rispose. Tuttavia, con la cornetta appoggiata al orecchio, poté udire in sottofondo delle voci incomprensibili e misteriose insieme a dei rumori molto sottili e sinistri. Ebbe l’impressione, lì su due piedi, che giungessero da un qualche posto remoto. Lontano anni luce dalla terra. Chissà perché, ma penso proprio a queste cose in quei frangenti. E per come poi andarono i fatti, quella sua prima impressione fu sul serio lungimirante.
Prima di mettere giù la cornetta, poiché nessuno rispondeva, volle di nuovo dire: - Pronto! -
Un ultimo tentativo. Pochi secondi di silenzio, quando ormai stava per mettere giù la cornetta gli giunse una voce quasi baritonale, incisiva e solenne: - Sono Dio! -
E così, dopo quella brevissima e lapidaria frase, la telefonata terminò.
Ritornò a letto. Perplesso pensava a chi poteva avergli fatto uno scherzo di cattivo gusto del genere. Chi? Non aveva nemici lui! Era un tipo diplomatico e non dava confidenza a nessuno. Pensò uno scherzo di qualche squilibrato che soffriva d’insonnia o qualche ragazzaccio poco raccomandabile.
E di questo si persuase nei giorni a venire. Infatti, durante le due notti successive il telefono non squillò. La terza notte invece ritornò a squillare, più o meno allo stesso orario di quella prima telefonata. Destandosi dal letto ebbe un sussulto, si era quasi dimenticato di quello che gli era accaduto pochi giorni prima. Attraversò il corridoio con il cuore in gola, per ogni suo passo felpato che lo faceva avvicinare a quell’apparecchio che sembrava urlare, invece di squillare nel silenzio della notte.
- Pronto! -
- Sono Dio! -
E di nuovo, come la volta precedente, la telefonata si interruppe bruscamente.
Ritornò a letto ma non chiuse più occhio per quello che restava della notte. Rimuginò ancora su chi potesse fargli uno scherzo simile. Se la prima volta era stata una bravata, questa seconda telefonata lasciava intendere una sola cosa: dietro c’era qualcuno e probabilmente voleva tormentarlo. E su questo non aveva tutti i torti. Se la cosa fosse proseguita cosa avrebbe dovuto fare? Staccare di notte il telefono? Avvertire la polizia? Parlarne a qualche collega di lavoro?
Dopo quindici giorni quelle telefonate continuavano a susseguirsi, ormai quasi ogni notte. Sempre allo stesso orario nel cuore della notte, tant’è che ormai si era abituato ad addormentarsi dopo aver risposto. Prima non ci riusciva, perché era troppo ansioso nell’aspettare da un momento o l’altro quella chiamata.
- Pronto! -
- Sono Dio! -
Più o meno dopo venti giorni, un pomeriggio chiamò il centralino. Un’operatrice molto gentile gli rispose.
- Buongiorno! Volevo sapere, avete per caso il numero telefonico di Dio? -
- Di Dio? –, Rispose senza scomporsi troppo. – Un attimo, resti in linea, devo controllare. -
Dopo qualche istante gli disse: - Mi dispiace signore! Non è nell’elenco dei nostri contatti. Non abbiamo il suo numero! Forse non ha il telefono. -
Visto la situazione creatasi stava pensando di chiamarlo lui. Sì, voleva chiamarlo di persona. Per sapere cosa volesse da lui. Voleva sapere perché ogni notte lo chiamava e se era realmente lui a chiamarlo o qualcuno che si burlava di lui.
Nulla da fare. Non sapeva il suo numero e non poteva chiamarlo. Dove avrebbe potuto trovare il suo numero? Dove?
Allora iniziarono a dimorare nella sua mente i pensieri e le ipotesi più stravaganti riguardo quella vicenda. Magari giusto per qualche minuto o secondo. S’interrogava se Dio lo stesse chiamando al telefono per confidargli di essere lui il nuovo messia. Lui, un semplice impiegato il nuovo messia? E cosa avrebbe predicato? Lavoro, ufficio e casa invece di pace amore e solidarietà? Oppure lo chiamava per nominarlo il tredicesimo apostolo! Se lo chiamava ci doveva pur essere un motivo.
Passarono diversi mesi e le telefonate continuarono, più o meno, in modo costante. Ogni tanto qualche notte, chissà per quale motivo, non chiamava nessuno. Se era un sollievo, era solo temporaneo. Inutile illudersi, perché l’indomani notte la telefonata giungeva immancabilmente.