La sera andavamo in quei quattro cinque posti a bere birra scura e se il barista era volenteroso potevi farti preparare un gin and tonic con Hendrix e qualche goccia di angostura; sempre che non fosse finito il gin, altrimenti dovevi spostarti altrove, ma sempre sul finire della serata; poi accorgerti che era venuta la notte e sentirti solo quando arrivava. Ma anche le notti muoiono, specie le più coraggiose, e col bere fino al mattino potevi rimuginare su molte cose che vedevi tornare chiare, ancora intatte su ciò che era stato con tutto quanto rimasto dietro.
Parlavano tutti un sacco quella sera e cordialmente, A. aveva appena detto che avrei dovuto tornare a scrivere perche ero uno dei pochi che si metteva a pensare e che giudicava buona la mia scrittura perché vera. L'avevo guardata negli occhi e sapevo da certe mie idee ancora frammentarie che non stesse mentendo, ma che abbandonai subito per via dell' esperienza che avevo con le donne; comunque lei l'avevo guardata sempre allo stesso modo da quando la conoscevo e le piaceva mettersi a pensare come me.
Avevo da poco preso una Chimey triple, il barista ne aveva consigliata una chiara, lasciai perdere perché aveva poca esperienza col bere ed era più giovane di me. In quel momento eravamo seduti in quattro.La ragazza disse che l'anno doveva essere particolarmente buono per via di un concorso che aveva vinto e che presto o tardi sarebbe partita per un lungo viaggio coi soldi che avrebbe guadagnato. Mi chiedevo come facesse a pensarlo e se parlasse per via di certe sue convinzioni frammentarie, in tal caso le avrei consigliato di abbandonarle. A. rise, capii che poteva leggermi nel pensiero. Facemmo un altro giro e subito dopo prendemmo l'amaro, la nostra idea era quella di bere e, se per caso non si fosse troppo ubriachi o troppo lucidi per allacciarsi le scarpe, di continuare fino a quando non avremmo visto il vuoto.
Amavo una ragazza e sapevo quanto facesse male pensarla in quel momento; pensai anche allo stare insieme e che molti stanno insieme per necessità e non per scelta. Che quando ami sanguini, e quando ami sinceramente, al punto di dare il corpo, le mani, le braccia, tutto, alla fine non ti rimane più niente; ma se sei abbastanza forte e coraggioso da andare avanti e nutrire con sufficiente passione quello che provi allora puoi misurare la tua forza.
Un uomo spesso è i sentimenti che coltiva, in quel momento non ero niente, se non quei sentimenti e le birre belghe, perciò presi anche un gin. Mentre lo preparavano dissi ad A. che la prospettiva dello scorso anno era ben migliore di quella dell'attuale. Rispose che se si fosse trattato di un altra città sarebbe stato lo stesso e che appena avremmo potuto saremmo partiti, lontano chissà dove. Pensai che l'amore era un disastro aereo, ma non ebbi il coraggio di dirglielo; ma anche che avrei voluto incontrarla in tanti altri posti; quando il sole cessa e comincia la notte acuta o violenta, qualche volta ingombrante, con gli incubi e la sensazione che si ha quando si resta piegati in due, sul letto a sentire i rumori riconoscendoli, qualche volta, senza sonno, senza abiti, perchè alla fine se non ti schianti non puoi contemplare il silenzio.
Non dissi neanche questo.
S'era fatto tardi e me ne stavo col bicchiere tra le mani; il gin scendeva lento, a tratti dava la nausea, si sudava perché era umido. Al banco sedevano in cinque, tutti avevano già bevuto abbastanza e i camerieri cominciavano a portare via i bicchieri vuoti.
Quello giovane ne fece cadere uno e maledì se stesso. Era ancora troppo giovane per maledire se stesso e per capire che la vita era più amara di quello che sapeva, ma mi piaceva il suo adoperarsi e in nessun caso avrei detto qualcosa per scoraggiarlo. Entrarono tre ragazze e presero posto accanto a me, ridevano, per questo chiesi quanto avessero bevuto. Una timida e scontenta disse che avevano fatto l'aperitivo nel pomeriggio e che gli era salito lo spritz a metà del bicchiere e quindi sarebbe bastato. Pensai fosse scontenta per questo e A. aggiunse che era invece un vantaggio perché si spendevano meno soldi. "Non si è mai pronti a bere se non hai subito un tracollo". Io me ne intendevo di schianti e anche di coraggio perciò dissi che presto o tardi avrebbe cominciato. Volevo scoraggiarla o farmi coraggio io, perció dissi anche che la notte era quasi sempre dannata e che dovevi esser pronto se non volevi farti inghiottire.
Mi alzai e uscii fuori a fumare; vidi A. venire verso di me con una birra; mi invitò a fare due sorsi. Ero quasi ubriaco e perciò mi venne voglia di berla tutta. Avanzammo verso le panchine e si mise a parlare, la ascoltavo, col gin tra le mani e col ghiaccio che cominciava a sciogliersi. Capivo il suo dolore e la sensazione che si ha quando si resta sospesi tra una tale quantità di cose e avvenimenti e persone, discorsi e parole che si usano quando si usano, mentre si usano. Mi sentivo vuoto ed era vuoto il bicchiere; A. scoló il suo e ne prendemmo un altro. Intanto l'alba arrivava dritta e silenziosa, non si sentivano i rumori e qualcuno si era svegliato presto. Tornammo a casa a piedi per vedere il sole tramontare e darci la buonanotte col mondo che si svegliava, solenne nel limbo ancora fino a quando non fossero giunte le ore più calde; col bicchiere Tumbler stretto tra le mani ancora ghiacciato.
"Ci sono modi e modi di concludere o iniziare una giornata."
"Sai perché non troverai una ragazza?!", disse A. con aria sicura di sé.
"Perché?!", risposi.
"Perché quelle di cui scrivi non esistono, o meglio non in questo posto qua".
Pensavo volesse dire in questo mondo qua.
"Scriverò di te allora".
" Buonanotte", risposi.
"Dall'altra parte dormono" disse lei; "dell'emisfero?!" feci io.
Rispose di sì e rise con sciocchezza . Abitavamo a duecento metri e il mondo mi parse piccolo per girarlo in due. Quando arrivai a casa mi addormentai senza pensare, sognai gli aereoplani e sognai lei, aveva uno strano neo sulla bocca, doveva essere il mondo.