IL CAPELLONE
di
Michele Pingitore
Braccato. Isolato dal mondo. La sua esistenza era ormai finita. Era arrivato al capolinea. Si nascondeva in un appartamento o in un altro, cambiandolo ogni notte per non farsi scovare. Per non essere stanato, viveva come un topo, sempre alla ricerca il giorno successivo di un nuovo posto dove potersi nascondere. Ma era un topo in trappola. Non aveva più scampo ormai, questo l’aveva capito.
Prima di iniziare a narrarvi la sua storia, voglio dirvi solo una cosa: mai fidarsi dalle voci in giro. Quelle voci di popolo mormorate e mai declamate. Circolano, quelle voci, da bocca a bocca, senza clamore ma diffondendosi in modo espanso in giro. Attecchendo nelle menti e nelle fantasie delle persone, creando illusioni e menzogne, spesso nefaste. Chimere! Non fidatevi delle cose dette, perché quasi sempre non corrispondono mai ai fatti. Sono solo voci infondate, messe in giro per qualche motivo futile e inutile. Le cose non sono mai come vogliono sembrare. Viviamo in un mondo, ormai, dove uno può essere quello che non è.
Iniziò probabilmente a sentire quel soprannome quando era ancora ragazzo. Tra l’adolescenza e la pubertà. Un’età incerta, con tutti gli stravolgimenti esistenziali e corporei. Un’età in cui, se da una parte le fantasie e l’immaginazione scemano, dall’altra cercano nelle loro ultime esplicazioni di incarnarsi in qualcosa di concreto e reale. Cercano di trovare un ultimo appiglio con il mondo circostante. La loro ultima occasione.
È così si immaginava quel personaggio dai capelli neri lunghissime e con un mantello anch’esso tutto nero, aggirarsi nei bassifondi della città in prossimità del porto, come se fosse un eroe uscito da un fumetto. Un nuovo Robin Hood venuto a riscattare i vili e i poveri dalle numerose ingiustizie sociali. La sua fantasia aveva immortalato quel personaggio al punto che non corrispondeva più a quello reale. Aveva imbastito sopra di lui, attraverso le poche informazioni immagazzinate, una propria immagine ad hoc, costruita senza nessun elemento concreto.
In realtà sul suo conto si dicevano diverse cose in giro, talvolta anche opposte. Per alcuni era uno dei tanti boss o delinquenti locali, uno che nel corso del tempo si era costruito il suo impero del crimine nell’illegalità diffusa. Per altri era un protettore delle persone più deboli e un nemico spietato di tutti i prepotenti. Era ormai l’unico in città e dintorni a comandare su tutto e tutti.
Tra le tante storie narrate su di lui, una in particolare lo proiettava nel mito, nella leggenda e in territori affini. Ci fu un agguatto fatto da tre sgherri, ma all’ultimo istante erano stati circondati dalla polizia e non avevano avuto più scampo. Erano in trappola. Non avevano più nessuna possibilità di scappare. Potevano soltanto arrendersi o perire in uno scontro a fuoco impari.
Stavano cedendo, quando all’improvviso comparve dal nulla quell’uomo con i capelli lunghi. Avanzava nel buio della notte, uscito chissà da dove sparando a raffiche con un fucile. Alla sua vista tutti i poliziotti scapparono via e i tre furono salvi. Salvi grazie a lui. È divenne per sempre il loro eroe salvatore.
Il primo, comunque, a fargli in modo diretto quel nome fu un tizio che gli chiese:
- Ti manda il capellone? -
Aveva iniziato da poco anche lui a svolgere attività illegali. Non stiamo qui a spiegare i motivi e neanche in cosa trafficasse. Nell’ambiente in cui viveva era molto difficile stare a galla senza sconfinare nelle attività illecite. Chi vive in alcuni luoghi in un modo o nell’altro, direttamente o indirettamente, dovrà prima o poi sporcarsi le mani nel corso della sua esistenza.
- No! -
- Non sei un uomo del capellone? -
- No! Mai stato! -
- Va bene! Va bene amico! Qui siamo tutti uomini del capellone o affiliati a lui. -
Pochi o nessuno l’avevano mai visto di persona. Qualcuno testimoniò di averlo giusto intravisto, magari una notte nella zona del porto, mentre passava da quelle parti. Poiché era buio le sfumature e i dettagli si perdevano nell’oscurità della notte nessuno sapeva in realtà il suo vero nome, quanti anni avesse e dove vivesse. Se avesse moglie, figli e parenti. Era un uomo affascinate, dallo sguardo magmatico e, forse grazie ai suoi lunghi capelli, incantava e seduceva tutte le donne incontrate sul suo cammino, questo si diceva di lui.
Di contro lui invece sapeva tutto di tutti. Tutto di ognuno. Chi si azzardava a mettercisi contro o intralciare le sue attività era finito! Era fuori da tutti i giri e aveva anche finito di esistere. Sfuggire a lui era impossibile. Chiunque ci avesse provato aveva fatto poi una brutta fine, senza entrare nei dettagli. Informatori e suoi uomini erano dislocati ovunque nell’area urbana. Anche nei posti più impensati: dalle alte istituzioni fino ai bassifondi. Nulla gli sfuggiva e tutto controllava.
(continua...)