Era passato circa un mese e qualche settimana, forse anche due mesi, da quando la vidi per l'ultima volta che guidava mezza ubriaca la macchina di sua madre su un rettilineo alle 5 del mattino.
Noi non ci conoscevamo, avevamo parlato giusto qualche minuto mesi prima, in una località di mare. Per quanto ne sapessi lei avrebbe potuto essere affiliata alla mafia cinese e progettare di sedurmi per poi rivendere parti del mio corpo, e per quanto lei ne sapesse io potevo essere il ragazzo di provincia, buono, gentile e intelligente che però casualmente viene ritrovato con le impronte digitali sulle mutande e sui vestiti di una ragazza stuprata in un vicolo durante un venerdì sera.
Quella volta, quell'unica volta, decidemmo di vederci a Milano, era molto vicino a dove abitava lei ed era abbastanza distante da dove abitavo io, ma a me Milano piace molto come città, di conseguenza avrei fatto volentieri un giro lì con lei proprio per via del fatto che fossi innamorato di quella metropoli. Leggemmo Bukowski in un parco enorme, sotto City Life, con davanti a noi quell'enorme grattacielo contornato da piante e foglie, credo si chiami "Bosco Verticale", noi eravamo in un parchetto poco più dietro, per l'appunto sdraiati sull'erba.
So che sembra un racconto ed è effettivamente un racconto, ma non è un racconto scritto per essere un racconto, è un racconto scritto per tenere l'immagine salda di quelle sensazioni che ho provato nella mia testa, nella mia valvola delle emozioni.
Comunque.
Passammo circa un paio d'ore a leggere Bukowski, con lei che rideva sdraiata ai personaggi bizzarri e alquanto istintivi che il libro evocava durante la sua lettura, e a me piaceva come mi guardava dopo aver riso, come a dire "non fa neppure così tanto ridere, ma essere qui con te che mi leggi queste cose mi fa venire un enorme voglia di sorridere".
E io un po' ci rimanevo sotto coi suoi sorrisi, devo ammetterlo, e anche coi suoi occhi scavati completamente dentro la cavità oculare, come se emergessero costantemente da un altro pianeta, da qualcosa di diverso da ciò che c'era qua. A volte avevo bisogno di tenere il segno con l'indice sulla pagina del libro, promettendomi che sarei rimasto a guardarla solamente il tempo necessario per vederla sorridere e fare una smorfia di piacere sulle guance, però poi puntavo il segno, mi giravo a guardarla, e ci rimanevo sempre di più rispetto a quanto m'ero giurato ci sarei rimasto, e di conseguenza la mia lettura perdeva di ritmo e cadenza e lei si accorgeva la stessi guardando e il mio indice che puntava una riga a caso sulla pagina che stavo leggendo diventava totalmente inutile, proprio perché nel mentre si era spostato ed era passato così tanto tempo tra l'ultima parola detta e il tentativo di riprendere da dove mi ero fermato che non mi rimaneva solo che rileggere la pagina dall'inizio e cercare di ritrovare autonomamente il segno, maledicendo il mio dito che non era stato in grado di rispettare quel piccolo compito che gli avevo assegnato mentre mi facevo distrarre dalle sue occhiate.
Dopo circa cinque racconti da almeno venti minuti l'uno decidemmo di andare a mangiare, accorgendoci di come fossero già le 4 del pomeriggio e di come fosse passato un po' più velocemente il tempo di quel che pensavamo, e io ne ero contento, perché non mi capitava da tempo di essere così spensierato e senza ansia stando con una ragazza per me praticamente sconosciuta, distante decine di chilometri da ciò che potevo generalmente etichettare come casa mia.
Quello che doveva divenire un pranzo però divenne qualcosa di un po' più romantico, perché finimmo in una sorta di libreria con all'interno un bar, cioè con proprio i tavolini e la caffetteria a ridosso degli scaffali dove si riversavano libri, divisi per autori e generi, con copertine a volte curate e plastificate, con il titolo in risalto, o con copertine in alcuni casi scialbe, poco curate, a testimonianza che l'autore non fosse cinico e maniaco come sarei stato io se avessi pubblicato un libro, o magari a testimoniare semplicemente che non c'era troppo budget per quella pubblicazione e la casa editrice aveva detto "o così o non te lo pubblichiamo"; in quel caso credo avrei pubblicato anch'io un libro dalla copertina scialba.
Durante questi discorsi che affrontavamo, e lì al bar probabilmente fu il primo discorso perché prima semplicemente riportavo io parole già scritte da qualcuno, approfondimmo le pulsioni sessuali che ognuno di noi aveva, un po' come se volessimo dirci con lo sguardo degli occhi e la trasposizione del corpo infilato sotto quel tavolino in acciaio con sopra i caffè cosa ci sarebbe piaciuto, cosa l'altro avrebbe dovuto fare e dire se mai sarebbe successo di ritrovarsi in un letto completamente nudi. E io ci pensavo, Dio mio se ci pensavo a come sarei stato se mai quella ragazza fosse finita senza indumenti sotto le mie coperte. Non riuscivo neppure a pensare di spogliarla, volevo semplicemente pensare a come sarebbe stato appoggiarle le dita sul corpo, con i suoi vestiti a fare ancora da separé tra i miei polpastrelli e i suoi punti intimi. Immaginavo come m'avrebbe guardato se fossi stato dentro di lei, immaginavo a come mi avrebbe accarezzato la nuca, immaginavo a quale sarebbe potuta essere la sua espressione durante un suo orgasmo.
Ecco sì, vederla godere m'intrigava, perché era maledettamente posata ed elegante in ogni fottuto movimento e vederla godere sarebbe stato un modo per rompere questo castello di perfezione ed eleganza che io amavo tremendamente e che probabilmente mi faceva provare tutto questo fascino nei suoi confronti. Calibrava e selezionava scrupolosamente le parole, come facevo io d'altronde, evitando termini troppo volgari ed espliciti e utilizzando soltanto aggettivi che mai esprimevano realmente un pensiero o una presa di posizione, ma che permettevano sempre di poter dare qualsiasi interpretazione della frase, come se lei fosse completamente esterna a ciò di cui stava parlando, così da non correre il rischio di offendermi oppure di condizionarmi nel discorso, facendo così diventare la conversazione meno reale e di conseguenza meno interessante di ciò che invece volevamo che fosse e rimanesse.
Mi parlò tranquillamente di come le piacesse essere toccata, di come la scopavano male i tipi precedenti e di come prediligesse un sesso romantico, lento, sensuale, coinvolgente in qualsiasi senso, soprattutto l'udito, e di conseguenza il cervello che, fino a prova contraria, probabilmente può farci eccitare più di tutto il sangue del mondo nei vasi sanguigni dei nostri organi genitali.