22 novembre
Arriviamo con un po’ di ritardo, lo shopping esasperato del sabato sera rende agitate le persone. Entrano ed escono dai negozi, disordinatamente percorrono la strada, formano, per brevi tratti, delle piccole file che diventano fiumi dall’andamento casuale. Ci accodiamo a una mamma che spinge un passeggino come se fosse un panzer tedesco, apre un varco nella folla, ci facciamo scudo con la sturm-mamma fino alla traversa del teatro.
Prendiamo posto, leggiamo il programma, dopo un po’ arriva la donna che occupa il posto a inizio fila alla mia sinistra. Credo che accenni a un saluto, poi senza indugio estrae dalla borsa i suoi ferri e la lana e inizia a lavorare, a questo punto la riconosco, è quella dell’altro spettacolo.
Anche Elena, con la quale sono stato quasi un anno prima di Marina, lavorava a maglia e nonostante i suoi molteplici difetti, aveva il buongusto di non farlo mai in pubblico. Non che io la ritenga un'attività sconveniente, ma penso che uno o due ferri e un gomitolo di lana immediatamente rincarino l'età di una donna di quei 25/30 anni. Credo che basti un dritto e un rovescio e, anche se hai più di 15 anni, sei subito nonna.
<<Vorrei farti un maglione, di che colore ti piacerebbe?>>
<< Bel pensiero! Grazie. Ma credo che ci voglia molto tempo; quanto tempo occorre per farlo?>>
<<Non so, con i miei tempi almeno un paio di mesi.>>
<< E per una sciarpa? Per fare una sciarpa quanto tempo ci vuole?>>
<< Una sciarpa? Bah forse un mese, perché vai di fretta?>>
<< Lascia stare... non credo che ce la facciamo...>>
<< …cosa vuoi dire? Vuoi forse dire che ci lasceremo prima? È così?>>
Ormai mi ero sbilanciato continuai: <<Non so, ma è molto probabile visto come procede il nostro rapporto.>>
<<Non mi pare che la cosa ti faccia disperare e che ti adoperi per migliorarlo>>
<<Disperare onestamente non posso dirlo, ma ti assicuro che avrei voluto che la cosa funzionasse. Credo che dobbiamo prendere atto che siamo troppo diversi, siamo come due parti, un yin e yang messi al contrario, si toccano in qualche punto, ma non completeranno mai un cerchio...>>
<<Bravo! prima spari cattiverie, poi ti metti a fare il filosofo zen. Sai cosa ti dico, togliamoci il pensiero e finiamola subito.>>
I due mesi invece passarono, senza maglie o sciarpe. Solo liti, dispetti, brevi riconciliazioni e il CD Human touch di Bruce, regalo inatteso, che certamente mi ha tenuto più compagnia.
18 dicembre
Il pub è pieno di gente. I tavoli sono tutti occupati, coppie, gruppi di amici. Due ragazze attraggono la mia attenzione, si tengono teneramente per mano mentre sorseggiano del vino bianco. Io sono alla mia seconda killians, sfoglio il programma del Teatro. Arriva Marina
<<Ciao, scusa il ritardo, ordiniamo qualcosa? Sono affamatissima.>>
Faccio un cenno con la mano per attirare l’attenzione della cameriera, il tempo di sparecchiare un tavolo e si avvicina.
<<Vorremmo dei panini, come si possono avere?>>
<<Vi porto la lista.>>
<<Ecco, due con lo speck. Scusa, potremmo averli presto, perché siamo in ritardo per uno spettacolo a teatro.>>, le chiedo con aria esageratamente supplichevole.
La ragazza torna poco dopo con le birre e i panini, le sorridiamo riconoscenti.
Siamo giunti al teatro. Benché siano passati già dieci minuti dall’ora stabilita per l’inizio dello spettacolo alcuni spettatori affollano ancora il foyer, c’è il pubblico delle grandi occasioni. Raggiungiamo la nostra fila, il primo posto è già occupato dalla nostra vicina. Si alza per farci passare, con un gesto della mano invito Marina a entrare nella fila.
Lei mi guarda e mi dice: <<Entra prima tu>>
Acconsento e prendo posto sulla poltrona più interna, Marina siede su quella libera. Si gira verso di me e mi sussurra: <<Questa volta ci sto io accanto alla “sferruzzatrice”.>>
Resto interdetto. Inizialmente ho creduto che il cambio di posto proposto da Marina fosse dovuto all'esigenza di cercare una migliore visuale del palco, ma la frase sulla “sferruzzatrice” non lascia dubbi. Trovo, però, particolarmente azzeccato l’appellativo, perché noto che anche oggi continua il suo lavoro a maglia. Le luci si abbassano.
Inizia lo spettacolo. Tre attori in scena, due uomini e una donna seduti attorno ad un tavolo, una bottiglia, tre bicchieri.
Discutono animatamente. Cerco di concentrarmi sul dialogo, invece ripenso alla frase di Marina; cerco di ricostruire le mie azioni durante lo spettacolo precedente. Analizzo i miei gesti, il mio atteggiamento. Niente, niente che possa, anche involontariamente mostrare un mio interesse per questa donna. Mi ha meravigliato vedere lavorare a maglia a teatro, ma presto me ne sono fatto una ragione, d’altronde una persona che va a teatro da sola qualcosa deve pur fare. C'è chi occupa il tempo leggendo un libro o giocando con il telefonino.
Cerco di non farmi sorprendere da Marina, mentre la guardo per capire se la chiave di tutto fosse una bellezza rara di cui non mi ero reso conto. No, devo scartare subito quest’ipotesi: una terra di mezzo tra la non bruttezza e la non bellezza. Allora cosa?
Gli attori sono diventati due, uno dei due uomini e la donna. Si baciano e complottano. Cerco di capire cosa architettano e a danno di chi. Sono completamente innocente, non mi si può accusare di niente. E se Marina avesse notato qualcosa, qualche sguardo della sferruzzatrice verso di me? Possibile, io non mi rendo conto quasi mai di certe cose. Ma neanche questo può spiegarmi la sua reazione. Se mi ha guardato avrà certamente fatto considerazioni simili a quelle che ho fatto io nei suoi confronti, con l’aggravante che io sono in compagnia. E poi se ero così “affascinante” ai suoi occhi, come mai quando sono stato solo ci siamo ignorati alla grande?
Beh, io ho notato il lavoro a maglia, chissà cosa ha notato lei di me, ma no! Un tentativo di approccio al primo incontro sarebbe stato troppo sfacciato da parte sua. E se sono con la mia compagna è regolare?
I due uomini sul palco si affrontano, prima con dialoghi serrati, poi con una lotta, simile a una danza. Quello bruno, più alto, estrae dalla cintola un coltello, l’altro scappa. Silenzio per una manciata di secondi.
Entra in scena la donna vestita di nero, le scarpe e le labbra rosso fuoco. Il mascara sciolto la fanno somigliare a un pierrot. Non piange, urla un nome. "Luca".
Se chiedo a Marina il motivo di questa improvvisa e bizzarra gelosia, sono certo, avrò risposte vaghe. Meglio lasciar perdere.
L’uomo che baciava la donna è morto, l’ha accoltellato l’altro.
Si chiude il sipario, un tripudio convinto di applausi accoglie il trio. Applaudo anch’io per la recitazione, mi riprometto di approfondire cosa è successo sul palco e nei primi tre posti della fila “F”.