16 gennaio
Non c’è molta gente. Io e Marina riprendiamo l’originaria disposizione dei posti: lei all’interno della fila, io nel posto a destra, più esterno, più vicino a Sferry. Come al solito tarda. Il posto è vuoto.
Con Marina osserviamo gli altri spettatori, facciamo qualche commento tanto per far passare il tempo. Si avvicina alla nostra fila una distinta signora, cerca di individuare la fila corrispondente al biglietto che ha in mano.
<<Scusi, è questa la fila “F”?>>, dice rivolgendosi a me e a Marina. Avuta la conferma, siede decisa al posto di Sferry. Suppongo che qualche malanno di stagione l’abbia costretta a letto. Immagino per un attimo Sferry/signoradellecamelie nel grande letto con il copriletto bianco, la camicia bianca e il baschetto bianco. Lei che tossisce debolmente coprendo la bocca con il fazzoletto, e la vecchia governante al capezzale che recita preghiere.
Questo è il classico caso in cui noti una persona quando questa manca oppure è presente e se ne sta in disparte. Inizia lo spettacolo.
Si apre il sipario. Le mie fantasie si acquietano.
Tre donne sul palco iniziano a recitare.
7 febbraio
L’appuntamento con Marina è fuori al teatro. Entriamo senza perdere tempo. Arrivati ai nostri posti c’è la sferruzzatrice. Mi rendo conto con sollievo di non aver pensato più alla storia dei posti e delle conseguenti assurde fantasie. Spegniamo i telefoni. Sferry rivolgendosi a noi inizia a parlare: <<Io l’ultima volta non sono venuta perché seguo anche il cartellone del Teatro Cilea. Quando gli spettacoli che mi interessano capitano nello stesso giorno sono costretta a scegliere. Come è stato lo spettacolo?>>
Io e Marina ci guardiamo, io abbozzo una risposta. La mano di Marina si insinua dietro il mio braccio e afferra saldamente la mia mano. Telepaticamente recepisco il suo messaggio minaccioso rivolto alla sferruzzatrice: Ehi carina, sappi che la proprietaria di questa mano, dotata di queste simpatiche unghiette smaltate viola, non è la sorella minore e neanche l’amichetta con cui condivide “solo” l’interesse per il teatro, ma è la fidanzata ufficiale, per cui cerchiamo di vederlo lo spettacolo e non di farlo.
Io, che ho percepito il messaggio, taglio corto e lascio a Marina il compito di continuare l’improvvisata recensione.
Alla fine dello spettacolo ci alziamo tutti in piedi per l’applauso finale, Sferry saluta con un chiaro e forte “buona serata”, Marina risponde con uno svogliato “buonasera” e io con un “buonasera” impastato in una smorfia/sorriso e un cenno con la mano inzuppata di sudore.
14 febbraio
In sala è presente anche un gruppo di studenti, probabilmente del liceo scientifico, abbastanza rumorosi e indecisi sui posti da occupare. La luce inizia ad abbassarsi, le attività per sistemarsi accelerano, i ritardatari si affrettano a prendere posto. Buio totale. Il sipario lentamente si apre e svela la scena. Sferry smette di lavorare a maglia, ma tiene i ferri in grembo.
Un’attrice da sola sul palco: <<Deh, mai varcate non avesse a volo le Simplègadi azzurre il legno d'Argo, verso il suolo dei Colchi, e mai non fosse nei valloni del Pelio il pin caduto sotto la scure, e al remo non si fossero strette le mani degli eroi gagliardi che, per mercè di Pelia, a cercar vennero il vello d'oro! Navigato allora non avrebbe Medèa, la mia signora…>>
Mi prende una certa smania. La vicinanza con Sferry mi mette agitazione. Mi assalgono e mi assillano domande di cui non m’importa niente. Mi chiedo: “la maglia per chi sarà?”, mi chiedo: “ci sarà un Lui? Un pigro, uno amante solo del calcio? Che lavora e abita lontano?”, ma la domanda che ritorna con più frequenza è: “Cosa ha colpito di me la sferruzzatrice?”. Dovrei contattarla, scambiare due chiacchiere e cercare di dare risposte alle mie domande; ma come?
<<Ahimè! Oh patite, oh patite sciagure d'alti gemiti degne. O figliuoli maledetti di madre odïosa, deh, possiate morire col padre, tutta vada la casa in rovina!>>
Potrei usare la tecnica del “piedino” ma, anche se totalmente privo di esperienza in questa pratica, ho appreso dalla narrativa e dai film che è un espediente che si adotta a tavola dove, con la presenza di più commensali e complice la copertura della tovaglia che rende anonimo l’approccio, evita un contatto così diretto. Manca la tavola, manca la tovaglia, mancano i commensali. Manca soprattutto la volontà. Ipotesi decisamente da scartare! Anche perché come approccio risulterebbe certamente molto volgare e inefficace a esprimere: “Mi sono accorto della sua attenzione, mi farebbe piacere conoscerla, ma come può vedere sono impegnato, tra noi non può nascere nessun tipo di storia“. Infine occorre mettere nel conto il rischio di un trattamento di agopuntura eseguito sulla mia gamba con i ferri da calza, indubbiamente come cura potrebbe essere idonea a eliminare quel fastidio al ginocchio che di tanto in tanto avverto e soprattutto ogni insana curiosità, ma certamente non sarebbe indolore, considerato che Sferry non ha l’aria di essere un’orientale esperta in questa disciplina. Inoltre sarebbe alquanto complicato spiegare a Marina cosa ci faceva il mio piede da quelle parti e il perché di questo intervento senza anestesia.
<<Ahi, tristo frutto dell'orgoglio mio! Invano, o figli, v'ho nutriti, invano in fatiche mi strussi, e m'affannai, doglie crudeli soffrendo nei parti. Misera! E un dì tanto sperai che voi curata avreste la vecchiezza mia…>>
L’idea dell’agopuntura mi rende ancora più guardingo. Mi rimpicciolisco sulla poltrona..
<<Amiche, è fermo il mio disegno: i figli, prima ch'io possa, uccidere, e lontano fuggir da questa terra, e non concedere che per l'indugio mio muoiano…>>
Potrei far scivolare nella sua tasca o nella borsa un mio bigliettino da visita, una mossa sicuramente scaltra e discreta. Forse un po’ troppo da consulente finanziario: “Rivolgetevi a me. I vostri punti croce saranno in buone mani e frutteranno un rendimento che nessun altro potrà garantirvi”. Lei ritornando a casa, oppure domani infilando la mano in tasca, lo troverà, inizierà a chiedersi chi glielo abbia dato e, naturalmente non ricordando, lo butterà via. Scarto anche questa soluzione.
<<Nel sacrario d'Era, Diva d'Ascrèa, li porterò, ché niuno dei nemici l'insulti, e non profani le tombe loro. E in questo suol di Sísifo sacre istituirò feste, e cortei, per espiare questa orrida strage.>>
Il sipario si chiude. Applauso liberatorio, prima uscita, seconda uscita, mi giro, Sferry non c’è più.