Dunque avevamo atteso l’alba
incuranti,
come passeggeri vagabondi
in una notte di confine.
E lei venne fuori
bagnata come la brina
in lacrime assortite.
Prima vorrei chiederti come stai,
poi sentirti respirare.
Prima di tutto
la tua voce e quelle parole scelte
ben bene
appositamente
per dire:
“io non so mai”,
"io non sono cosi",
“non sono io quella…”;
senza sapere d'esser
l'unica per me.
Sempre.
Avemmo atteso l'inverno
respirando il lieve fiato primaverile;
perdendo i giorni,
acquisendo notti
sdraiati come boccioli
non ancora schiusi,
tra due nodi consecutivi;
e per buio non intendo notte;
e finire poi
nel bel mezzo dell'estate
indomiti e selvatici
come bellezze antiche.
Senza possibilità d'esser conquistati.
Lampioni accesi
quando non serve,
e quella strana voce nella testa che dice
“Torna!
ho in serbo per te importanti cose”.
L'hai dentro la testa da quel giorno o l'altro
senza sapere quando è cominciata.
Si è piantata proprio bene:
Dice:
“Torna!
ho in serbo per te importanti cose”.
Suona per me!
È
la tua voce che pare la viola.
È un concerto jazz
la tua schiena
coi nei sparsi.
Ora che piove,
un orchestra sinfonica,
di notte…
Mi sono perso un sacco di volte
prima di sapere che ero già perso
e non importava veramente
prima di aver perso te
e capire che a perdere
non ci vuole molto
se hai già perso qualcosa.
Ora che lo so
sono uscito a cercarti,
ho preso un drink anche per te.
Intanto che aspetto bevo il tuo.
Non tornare, oppure torna presto.
voglio essere la tua sete
languida di sensuale abbandono.
La poesia è sempre triste
se sei triste,
e se guardi di contorno
alzando gli occhi al cielo
puoi
vedere il mare
con una nave cargo in mezzo
che squarcia l’orizzonte.
Immagina:
ora che sei il poeta,
sei stato su quella barca
cinquant'anni fa,
e le donne e gli uomini
non parlavano come adesso,
portavano il cappello.
Hai pescato Marlin su quella barca
e il capitano s'era congratulato
giusto in tempo,
quando approdaste al porto di Lisbona
dolci,
con la tempesta che c'era stata
e nessuno era annegato.
Amaro è
il ricordo della tua birra preferita,
senz'altro anch'essa
tra quelle che bevevamo
di Domenica pomeriggio
quando tutto aveva senso.
La Domenica:
un giorno vuoto.
Ricordi?!
la luce che entrava dalla porta aperta
e il sentir cigolare
la pioggia sulle piante
e poi
battere sulla folla dei locali,
e su quel costume verde smeraldo: il tuo.
Non era pioggia è chiaro
ma acqua salata di mare aperto
che veniva dai tuoi capelli.
Hai la pelle di tutti i colori del mondo,
e in te i suoni,
i venti che non vanno mai
dalla stessa parte
si confondono
e tutto tace
splendente
fino
a Luna nuova
nella sua magnifica bellezza.
Romy mi senti?
L'autostrada a tre corsie mi ha portato fin qui,
salvo qualche piccolo inconveniente al motore.
È da un telefono a gettoni che sto chiamando.
Come stai tesoro?
Non so dove mi trovo adesso,
in qualche piccola città
con qualche piccolo albero
e una panchina.
Sono seduti
un uomo e una donna,
si abbracciano,
non sembrano molto felici.
Hanno litigato prima
e lei ha pianto
prima di dare un calcio
alla lattina di birra,
ma ora si abbracciano.
Ascolta:
non so quando rientrerò a casa
non aspettarmi.
L'autostrada a tre corsie
mi porterà ovunque stasera!
devi sentire la musica,
è una splendida notte
e sto parlando alla mia donna.
Voi non sapete com'è
il Venerdì alle diciassette e quaranta
quando stacchi da lavoro
e spegni tutto per andar via,
e le carte restano li,
sulla tua scrivania sospese
in attesa del domani,
e di un altro domani ancora
fino a quando non le avrai
di nuovo in consegna Lunedi,
ma nemmeno ci pensi,
mentre conti i soldi nel portafogli
per andare al bar
dove ti aspettano i tuoi amici.
È una notte meravigliosa,
con le luci tutte in tinta
e la musica che viene dal locale.
La notte accende il tuo viso,
poi il suo
mentre la vedi arrivare.
Ti aspetta con un bicchiere di birra tra le mani
e in una manciata di secondi
ti tiene le braccia al collo.
Fai un sorso dalla sua birra
prima di prendere la tua
e un altra ancora
tu e lei,
poi
farete l'amore come la prima volta.