Trasciniamo il carrello della spesa col tacco 12, la gonna striminzita sui fianchi ballonzolanti e l’ultimo piumino della dea moda, scorriamo la lista della spesa che puntigliosamente abbiamo stilato fra una mano di trucco e una di rossetto e percorriamo con incedere da mannequin i corridoi del super.
Stremate per la sfacchinata, con il carrello traboccante di tutto, proprio di tutto, deluse in parte per non aver incontrato il solito giovane, aitante scapolo e palestrato come racconta la pubblicità, e invece aver incontrato solo sguardi di coetanei o giù di lì più o meno concupiscenti e di coetanee con lo sguardo accusatore e invidioso.
Scegliamo verdure, frutta, mi raccomando: avocado, mango, banane, zenzero lenticchie rosse, lenticchie di Castelluccio, riso rosso, riso basmati, formaggio di fossa, cioccolata di Modica, vino californiano, olio spremuto a freddo, aceto balsamico, soia, curcuma, currry, yogurt, baccalà del baltico, succo di carota, ginger, succo ai frutti tropicali, uova di galline allevate a terra, pasta senza glutine, sale iodato, marmellata senza zucchero e via dicendo, e quando siamo già alla cassa ci accorgiamo che abbiamo acquistato metà delle cose della lista e più cose non previste.
Il rito della dispensa da sistemare comincia appena tornate a casa, apriamo il frigorifero e buttiamo yogurt appena scaduto, quel pezzo di zenzero ammuffito, metà di un succo di frutta puzzolente, tre o quattro uova talmente vecchie che potrebbero aver prodotto una nuova vita per partenogenesi da inattività culinaria, le croste dei formaggi stantii e dure come l’acciaio ci guardano speranzose, almeno, pensano, ci grattugeranno, ma invano.
Il reparto della pasta trabocca di ogni specie e formato e le farfalline vi stanno pasteggiando beate, le patate sono germogliate nel cestino , il latte si è tramutato in ricottina acida e allora ci armiamo di coraggio e prendiamo il sacco, anzi i sacchi dell’umido e della differenziata e della plastica, e giù, butta questo, butta quello e alla fine il frigo è quasi vuoto, la dispensa altrettanto e quel bell'arrostino con le patate che avevamo programmato per cena non possiamo cucinarlo, non abbiamo l’occorrente.
Ci rendiamo alfine conto che la spesa che abbiamo fatto per metà non serviva, per l’altra metà è esotica e non piace al resto della famiglia e il consorte o qualcun altro ci guardano sornioni e beffardi e ci sottolineano che abbiamo buttato tanto di quel cibo da sfamare un intero villaggio di bambini affamati, di aver speso il triplo di quanto previsto e che domani dobbiamo tornare a fare la spesa.
Ravvedute spero stavolta!